Revenge porn: la vendetta maschile in rete
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Revenge porn: la vendetta maschile in rete

Recenti casi di cronaca hanno portato alla ribalta questo reato, che presenta inquietanti risvolti psicologici: cosa fare per prevenirlo e combatterlo

Il mondo del web è in costante evoluzione e invade sempre più le nostre vite: le relazioni e le interazioni si realizzano sempre più nello spazio digitale, all’interno del quale si crea una vera e propria cultura, un sistema di significati condivisi, nel quale spesso, purtroppo, si perdono i confini, aprendo le porte a fenomeni di distorsione che si manifestano con atteggiamenti che possono ledere la persona e la sua dignità personale e morale. È il caso del revenge porn, reato che prevede la diffusione in internet d'immagini intime della vittima (quasi sempre una donna), a scopo vendicativo.

Revenge porn: definizione di un fenomeno dilagante

Una forma particolare di cyberbullismo è appunto il fenomeno noto come revenge porn: la terminologia anglosassone che associa la parola vendetta al termine pornografia, dà una prima idea del fenomeno, che apparentemente potrebbe sembrare circoscritto alla relazione tra due persone, ma che in realtà presenta aspetti di dimensioni più ampie e complesse.

Il revenge porn, definito anche come pornografia non consensuale è un reato sessuale, che consiste nella condivisione e diffusione illecita di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, che ritraggono persone, soprattutto donne, che pur se consenzienti al momento della produzione di tale materiale, non hanno fornito il consenso alla pubblicazione di tali contenuti sui social media. Molto spesso, purtroppo, questa forma di abuso e violenza viene attuata con l’inconsapevole collaborazione della vittima.

Questo tipo di contenuto può essere acquisito in diversi modi:

  • Attraverso il sexting, una pratica altamente diffusa, che consiste nella condivisione di messaggi, di immagini e video di se stessi a contenuto sessualmente esplicito, che avviene tra due persone per uso privato;
  • Mediante la ripresa delle immagini intime durante un rapporto sessuale con il consenso della vittima;
  • Mediante la ripresa della vittima durante momenti intimi (rapporto sessuale, bagni pubblici, spogliatoi ecc..) con telecamere nascoste (spy cam);
  • Attraverso l’hacking dello spazio cloud della vittima (icloud, gmail, microsoft space, ecc..) oppure del dispositivo (smartphone, laptop, smartpad) anche con la consegna spontanea del dispositivo (es. invio di un pc o di un telefono in assistenza).

In genere, a divulgare questo tipo di materiale è un ex partner che utilizza questa forma di violenza come un atto di punizione per la sofferenza subita a causa del rapporto sentimentale interrotto per volontà della vittima. Si tratta di uomini che intendono vendicarsi cercando di condividere questo tipo di materiale con il maggior numero di persone, utilizzando diversi canali di comunicazione: social, email, whatsapp... Il contenuto pornografico viene linkato sulle pagine social della vittima oppure caricato su siti web tematici o vengono create delle pagine apposite. Per questo motivo, il revenge porn non rimane un fatto privato tra due persone, ma diviene un fatto collettivo, come testimonia l’esistenza di piattaforme social "dedicate", il cui preciso obiettivo è quello di umiliare, denigrare, aggredire la vittima, che molto spesso è inconsapevole dell’abuso nei suoi confronti. Si crea una forma perversa di socialità tra uomini, nella quale il corpo femminile viene utilizzato come merce di scambio, come qualcosa su cui avere il dominio supremo. 

Capita che il contenuto venga anche inviato a familiari, amici e colleghi della persona vittima di questa forma di violenza, con il preciso scopo di screditarla socialmente. L’obiettivo è esercitare una forma di violenza finalizzata a ledere la privacy, la dignità personale e la reputazione della vittima. Questo atteggiamento può degenerare in comportamenti di minacce, stalking, estorsione, ricatto. Il ricatto può essere finalizzato a ottenere denaro, prestazioni sessuali o anche come gioco per tenere in scacco psicologico la vittima (se non fai quello che ti dico mostro a tutti quello che sei veramente). Poiché come abbiamo sottolineato il materiale viene condiviso in rete per attuare una vendetta nei confronti della vittima, non vengono condivise e diffuse solo le immagini ma anche commenti: “È questa la sua vera natura”, “È stata lei a voler condividere”, frasi che contribuiscono a rafforzare lo scopo dell’artefice: fare in modo che il popolo del web si scagli in modo diffamatorio contro la vittima. Spesso accade, inoltre, che vengano diffusi anche i dati personali della vittima, come nome, cognome, numero di telefono, gettando la vittime in una vera e propria “caccia alla strega”.

La colpevolizzazione della vittima

All’interno di questo fenomeno si nasconde un atteggiamento più o meno consapevole di colpevolizzazione della vittima, in termini anglosassoni il victim blaming: nel momento in cui una donna si è prestata ad un gioco sessuale con il partner, anche se non ha mai dato il consenso alla sua pubblicazione, viene comunque additata, marchiata, poiché questo suo comportamento contrasta con il ruolo sociale atteso. Questo processo di colpevolizzazione si interseca con il cosidetto slutshaming, lo “stigma della puttana”, si tratta di insulti rivolti a donne che vengono stigmatizzate attribuendo loro la natura di meretrici. Colui che mette in rete vuole perseguire l’obiettivo di farla morire dalla vergogna e solitamente segue con piacere il trionfo che ha raggiunto denigrando e diffamando l’immagine e la dignità dell’altra.

Un aspetto importante da sottolineare è che il revenge porn è un fenomeno che si autoalimenta, si rafforza e potenzia i suoi connotati di aggressività e violenza proprio per le seguenti caratteristiche: l’immediatezza, l’anonimato, la viralità, la memoria infinita della rete, che rende ogni informazione perennemente disponibile.  Uno degli aspetti che può portare alle conseguenze più drammatiche è la visibilità senza limiti e confini di un contenuto on-line, accessibile dunque a un numero infinito di possibili condivisori, spettatori, commentatori, che finiscono per diventare un branco virtuale, ingabbiando la vittima, che trova nello spazio virtuale un luogo chiuso dal quale non potere più uscire. Inoltre il revenge porn è una forma di violenza immateriale, si nasconde dietro uno schermo, non vi è contatto diretto con la vittima. Tutto questo crea una catena difficile da spezzare.

Diffusione del fenomeno

Si tratta di un fenomeno molto diffuso, che anche in Italia sta raggiungendo livelli allarmanti. Secondo un dossier di novembre del 2020 del Servizio analisi della Direzione centrale della Polizia criminale si verificano due episodi di revenge porn al giorno, con 1083 indagini in corso. Uno studio statunitense molto recente (American Psicological Association, 2019) evidenzia che le persone vittime di revenge porn sono 1 su 10, e che si registrano percentuali ancora più elevate in caso di minori. Lo studio sottolinea, inoltre, che il 51% delle vittime ha ideazioni suicidarie.

Nel nostro paese il revenge porn viene considerato reato con l’approvazione dell’art. 10 della legge del 19 luglio 2019 n. 69, nota come Codice Rosso. La legge presentata nel primo governo di Giuseppe Conte dal ministro della Giustizia Bonafede e dall’allora ministra della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno è volta alla tutela delle donne vittime di violenza di genere. Ma ancora c’è molto da fare affinchè lo stupro digitale venga definito e accettato come una forma di violenza collettivamente condivisa, poiché è predominante l’idea che sia semplicemente una violazione della privacy.

Aspetti psicologici del carnefice

Il comportamento prevaricante e abusante dell’uomo nei confronti della donna vittima di revenge porn nasconde una serie di aspetti emotivi:

  • Repressione significativa della sessualità;
  • Senso di insicurezza e frustrazione generalizzato, che viene represso mediante l’incontro con un gruppo di persone simili, il cosiddetto branco che dà forza e coesione.
  • Rabbia gender target, rivolta al genere femminile: la donna viene considerata colpevole di avere rifiutato più volte un uomo nel corso della vita.

In questi termini, l’umiliazione della vittima viene vissuta come un atto di giustizia, che cura la ferita narcisistica che i rifiuti hanno causato al proprio ego. Alla base di un simile comportamento c'è un’incapacità da parte del maschile di cogliere il femminile (interiore), incapacità che risponde rozzamente ai principi della cultura del maschio dominante, possessivo, che deve esercitare il suo predominio sul femminile. Nel momento in cui la reputazione del maschio potente, che domina la donna viene minacciata emerge un vissuto ancestrale molto potente, calcificato da una cultura patriarcale difficile da sdradicare, perché sedimentata da secoli in vari aspetti della vita sociale e individuale.

Molto spesso dietro questi uomini prevaricatori, cacciatori, si nascondono uomini fragili, deboli, che non sono in grado di accettare anche il loro lato femminile. Lo psicoanalista Carl Gustav Jung descrive l’anima come la componente inconscia femminile presente nell’uomo. L’uomo che non accetta la sua parte femminile e la sua fragilità tenta in ogni modo di celarla (machismo), di reprimerla, ma questa fragilità repressa fa regredire l’uomo ad un livello bestiale, violento, che può degenerare, trascendere ad un punto di non ritorno. L’uomo che si sente frustrato cerca di compensare questo suo disagio con la relazione con gli oggetti; nei casi di abuso e di prevaricazione sul femminile, la donna diventa l’oggetto per sopprimere il suo senso di frustrazione. Il revenge porn è un tipo di reato che si ascrive nella cultura del femminicidio.

Conseguenze psicologiche sulla vittima

Il revenge porn viene definito anche come abuso sessuale per immagini o cyber-strupro per gli effetti psicologici devastanti che provoca alla vittima. Viene totalmente violata l’intimità della persona, che viene sottoposta ad una gogna pubblica, in cui si scatena il giudizio e il pregiudizio di estranei, che non conoscono i fatti. Le vittime di revenge porn mostrano nel 93% dei casi un forte stress emotivo, che si manifesta con forme depressive, in quanto si tratta di una forma di violenza che ha gravi ripercussioni sulle diverse dimensioni della vita di una persona, tra cui la dimensione occupazionale e sociale.

Anche il corpo esprime i segni di questa forma di abuso. Le vittime di revenge porn presentano:

  • Disturbo da stress posta-traumatico con ansia ricorrente, paura, terrore, senso di immobilizzazione;
  • Ossessione: la vittima tende a controllare ripetutamente eventuali ulteriori pubblicazioni
  • Senso di vergogna profondo
  • Senso di colpa: la vittima si colpevolizza di non essersi saputa difendere, di essere stata ingenua
  • Ritiro sociale
  • Perdita di fiducia negli altri
  • Aspetti paranoidi
  • Ideazione suicidaria

Uno degli aspetti che maggiormente causano danno alla vittima di revenge porn è la perdita di controllo della propria sfera privata, della propria reputazione e della propria identità. Molto importante è anche la reazione di coloro che non sono coinvolti direttamente come vittime o colpevoli. Per la vittima è importante un atteggiamento di solidarietà, che può aiutarla a superare la gravità della situazione ed evitare di incorrere in problemi psicologici ancora più gravi; purtroppo, molto  spesso purtroppo manca un vero atteggiamento solidale. Al contrario, atteggiamenti di emarginazione, stigmatizzazione e colpevolizzazione possono portare la persona a conseguenze gravi tra i quali il suicidio.

Revenge porn: sintomo di una cultura patriarcale e sessista

Il revenge porn, come altre forme di prevaricazione, abuso e dominazione, è il sintomo di una violenza strutturale, che viene inflitta sistematicamente contro le donne e il genere femminile, e si inscrive in una cultura ancora fortemente patriarcale dominata da un meccanismo primitivo, caratterizzato da dinamiche di potere maschiliste. Emerge il tema centrale della reputazione: “Tu rovini la mia reputazione di uomo che ha il possesso della donna rifiutandomi, lasciandomi, io rovino te nei tuoi aspetti più profondi e lo faccio pubblicamente”. 

La sessualità femminile in questo tipo di cultura deve espletare due funzioni: deve essere al servizio della procreazione e deve essere al servizio del godimento maschile. Nell’immaginario collettivo il corpo della donna viene oggettivizzato e se non risponde alle necessità del dominio dell’uomo diviene oggetto di scambio. Quando una persona è in intimità con un’altra viene creato una specie di contratto tra le due parti, molto spesso la donna su richiesta maschile (90% dei casi) si presta a scatti e video dal contenuto sessuale per compiacere il partner.

Nel momento in cui uno dei partner divulga materiale dal contenuto intimo e sessuale senza il consenso dell’altra parte si ha una sorta di violazione del contratto, una violazione del rispetto nei confronti della persona, umiliandola e sminuendola. Quando un video erotico di una donna è esposto, il danno all’immagine è molto più invadente, più pervasivo rispetto ad un video in cui è l’uomo a essere protagonista, in quanto la sessualità maschile non è stigmatizzata come quella femminile. 

Come difendersi dal revenge porn?

Per contrastare il fenomeno revenge porn, è necessario attuare un percorso molto complesso e articolato, poiché si tratta di intervenire su dinamiche sedimentate nel corso del tempo che, apparentemente superate si fanno strada sempre di più assumendo forme diverse. Un primo intervento di prevenzione deve essere realizzato dai sistemi di educazione e comunicazione.

L’educazione deve realizzarsi a più livelli: 

  • Educazione alla prudenza e al buon senso, rivolta alle donne, proponendo un percorso volto alla presa di consapevolezza che non devono far nulla che non vogliano per compiacere il maschio.
  • Educare i maschi al rispetto, educazione emotiva, educazione alle differenze di genere, ad una cultura del consenso e non della sopraffazione.

Gli adolescenti e i giovani adulti tendono ad essere le vittime più comuni del revenge porn e spesso, per vergogna o paura, nascondono quello che è successo. È importante che i genitori siano consapevoli delle attività online dei loro figli e utilizzino programmi sui loro dispositivi per limitare la loro navigazione e garantire un accesso sicuro a internet. Inoltre, la buona comunicazione tra genitori e figli è fondamentale non solo per risolvere i problemi, ma anche per prevenirli.

  • Attraverso progetti di intervento per prevenire il fenomeno del cyberbullismo, come ad esempio il revenge porn: si può aumentare la sensibilizzazione dei ragazzi riguardo al tema esplicitandone ogni singola conseguenza, ma anche educare i ragazzi sulla propria sessualità e sull’etica riguardo all’ambito sessuale.
  • Educazione digitale: dare maggiori informazioni sulle condotte sicure in rete, sui rischi che si corrono, sulle conseguenze su ciò che viene fatto in rete e su come tutelarsi.

andrea nervetti
Psicologo e psicoterapeuta, collabora dal 2001 con l’Istituto Riza di Medicina psicosomatica di Milano dove esercita la libera professione. Vice Direttore e Docente presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia a indirizzo psicosomatico dell’Istituto Riza. Membro del Consiglio direttivo della SIMP (Società italiana di medicina psicosomatica), scrive per le riviste Riza Psicosomatica, Antiage ed è responsabile del sito www.riza.it. Svolge anche attività libero professionale presso l'Istituto stesso e a distanza via internet. La scheda completa dell'autore
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