Ripicche, le armi di chi non vuole crescere
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Ripicche, le armi di chi non vuole crescere

La ripicca e il dispetto sono modi di affrontare i conflitti che rivelano un lato infantile: abbandonarli e affidarsi al dialogo è la via della maturità

Un giorno, una persona che aveva promesso di telefonare a un’altra, per qualche motivo non lo fa. La seconda, per ripicca, non la chiama per sapere se sia accaduto qualcosa. E quando la prima si fa sentire, magari il giorno dopo, la seconda non le risponde, per farle pagare lo sgarro. Ecco innescata una piccola guerra a base di fraintendimenti e ripicche. Viene da chiedersi: abbiamo davvero l’età che diciamo di avere? Se vogliamo essere realisti, dobbiamo rispondere: spesso no. Ognuno di noi è adulto in alcune parti della sua personalità, ma è decisamente acerbo in altre. In pratica facciamo quasi tutto come la nostra età adulta richiede: lavoriamo, ci assumiamo responsabilità, seguiamo progetti, ma poi, in certi momenti, ecco uscire all’improvviso un comportamento che rompe il quadro. È il caso del dispetto, un elemento che non ci si aspetterebbe di vedere tra adulti. Eppure salta fuori con disarmante frequenza, come ripicca per un presunto torto subito. Da cosa deriva e perché riemerge questo “fossile della psiche”?

Quando il dispetto diventa una reazione abituale

I dispetti, come sappiamo, sono comportamenti frequenti nell’infanzia. Rappresentano un modo per farsi valere. In genere esprimono la contrarietà a un’ingiustizia subita o a una delusione; il bambino non trova altro modo se non quello di danneggiare l’altro, in uno schema simile a una delle prime forme di “giustizia” che l’umanità seppe creare, la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente. È una reazione che può esprimere anche lati creativi del bambino, che si ingegna per inventare dispetti fantasiosi. In seguito, con la crescita, dovrebbe lasciare spazio a forme più mature di risoluzione dei conflitti. Ma a volte non accade e allora il dispetto si integra come un modo strutturato per reagire alle ingiustizie e per attirare l’attenzione.

Il dispettoso come il bambino…

L’esempio da cui siamo partiti racchiude lo schema con cui il dispettoso si muove nella realtà: ha l’infantile aspettativa di un mondo al suo servizio, che non deluda le sue esigenze e che lo metta sempre tra le sue priorità, e se ciò non avviene allora qualcuno deve pagare. Diventa capriccioso e intransigente come un bambino che non riesce e non vuole capire le esigenze altrui, né cerca un dialogo per chiarire. Il dispettoso è uno che ha sostituito l’idea del peccato originale con quella di “ingiustizia originale”, motivo per cui basta un niente per fargli sentire lecita una reazione di rivalsa. Per un dispettoso non è facile comprendere l’infantilismo delle proprie reazioni, anche perché il dispetto e le piccole vendette gli danno, sull’istante, una certa soddisfazione. Tanto che, in alcuni casi, scatta anche senza motivo, proprio per il piacere contorto di “far pagare” qualcosa a qualcuno….

Guarda il mondo anche con gli occhi dell’altro

-Non dare giudizi a caso. Il dispetto nasce da un’interpretazione asenso unico: pensiamo che l’altro abbia agitointenzionalmente contro di noi, o che, anchesenza volerlo, non ce l’abbia messa tutta, quindi che non ci tiene. Ma la realtàrichiede uno sguardo più ampio. Ridiamofiducia agli altri, cerchiamo di conosceremeglio i motivi del loro comportamento. Sichiama empatia: imparare a guardare le cosecon gli occhi dell’altro, a sentire come lui.

-Imposta un dialogo più maturo. Reagire col dispetto impedisce qualsiasichiarimento. È utile invece cercare undialogo nel quale esprimere anche la propriacontrarietà e ascoltare l’altro. Attraverso ildispetto l’altro non capirà e potrà a sua voltareagire negativamente. È così che, di solito,si innesca un’escalation che può distruggereanche i rapporti più importanti.

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