Quando la routine diventa insopportabile e l'energia vitale latita, fatichiamo a cogliere il senso della vita: eppure c'è sempre, basta cercarlo nel modo giusto...
"Da qualche mese mi succede una cosa strana: ho sempre un sapore sgradevole in bocca. Non riesco più a sentire il gusto dei cibi, mi sembrano tutti amari. E anche lontano dai pasti quel saporaccio mi disgusta". Si chiama disgeusia: un’alterazione del gusto che provoca una sensazione sgradevole in bocca. Non è chiaro cosa la provochi: a volte i farmaci, altre volte è un mistero. Per Andrea, al primo incontro di psicoterapia, quel sintomo è solo la ciliegina su una torta che ha tutta l’aria di essere andata a male: "Quando ho compiuto 50 anni ho iniziato a fare dei bilanci, a chiedermi dove stia il senso della vita: non mi è piaciuto per niente. Mi sembra di non aver concluso nulla. Sì, ho il mio lavoro, una bella famiglia. Ma mi chiedo: è tutto qui? Il senso della vita è solo questo? Cerco una logica, ma non la trovo. A volte mi sembra tutto così scontato, non ci trovo più gusto", conclude con una smorfia di amarezza. Andrea non è il primo che, di fronte a un bilancio sul senso della vita, cade in un blocco esistenziale.
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Fare bilanci è una delle attività più inquinanti per la psiche: costringe a guardare le cose dal punto di vista di “quello che il mondo si aspettava da me”. Non solo: fare bilanci ci allontana da noi stessi, ma è del tutto inutile ricordare ad Andrea “quanto di bello c’è nella sua vita: prendere sul serio un atteggiamento sbagliato, anche solo per contraddirlo, è a sua volta fuorviante. L’errore di Andrea è proprio questo: cercare “una logica” dove una logica non ci può essere. Il senso della vita non sta in una sequenza di cause ed effetti, non ha nulla a che fare con progetti e realizzazioni, ma è qualcosa di affine a un profumo, a una sensazione, a una melodia, a un colore. È attraverso i sensi, attraverso il corpo, spesso attraverso i sintomi che l’anima ci fa intravedere le opportunità, le nuove pagine che si possono aprire.
A pensarci bene, vivere significa essere in un viaggio nel quale ogni momento è nuovo: ma se non siamo più ricettivi e aperti, se ripetiamo uno standard, se pensiamo di sapere in modo definitivo chi siamo e cosa dobbiamo fare, i sensi si spengono e quindi anche il “senso“ delle cose. Ecco la chiave: Andrea allora non ha perso il senso della vita, ha perso... i sensii, in particolare, il gusto. "Non trovo più gusto nella mia vita", dice infatti. E il suo sintomo psicosomatico, la costante amarezza in bocca, a cosa allude? Al fatto di aver smarrito il piacere, il sapore di fare “le sue cose”, di seguire le proprie tendenze, di assecondare le proprie intuizioni. I mille “sensi” che danno gusto alla vita emergono solo nel quotidiano, nei gesti, nelle azioni, nelle emozioni, negli incontri. Sono impermanenti e mutevoli. Sono le nostre fioriture, i nostri germogli.
Bisogna ritrovare il gusto: ecco come interpretare correttamente il messaggio nascosto in quel sintomo tanto fastidioso. Per farlo occorre togliersi i panni del personaggio di tutti i giorni: "Il senso per me è sposarmi e fare una bella fa miglia; il senso è trovare un lavoro di prestigio; il senso è essere buoni e fare il bene". Questi sono solo slogan, progetti dell’Io, ideali chiusi, limitati, spesso soffocanti. E se la vita avesse altri progetti per te? Se volesse farti percorrere altre strade? Ritrova il gusto: Andrea, anche grazie alla psicoterapia, ci prova e gli bastano poche sedute per riabituarsi in primo luogo a percepire i propri stati interiori senza mascherarli dietro a progetti o intenzioni. Soprattutto, ricomincia a sorprendersi, a fare cose “non da lui”, forse un po’ strane, ma che sente di dover fare: seguire un desiderio inaspettato, conoscere persone nuove, assecondare un interesse antico ma trascurato. Il senso della vita riappare: procedere nel viaggio vuol dire alimentare sempre il nostro fuoco interiore, ma per farlo occorre mettersi al centro delle cose, non alla periferia della vita.