Aiutali a credere in se stessi
Adolescenti

Aiutali a credere in se stessi

Amarli significa anche non risolvere sempre i loro problemi ma far sì che diventino capaci di superare da soli gli ostacoli della vita: come farlo

Ogni generazione di genitori si lamenta della generazione successiva, quella dei figli. “Oggi non è più come ai nostri tempi - è la frase tipica - i giovani non hanno più i valori di una volta, sono meno maturi e responsabili. Noi sì invece che ci impegnavamo, che avevamo la testa sulle spalle”. Ma se queste critiche fossero realistiche, l’umanità si sarebbe estinta da un pezzo. La generazione “precedente” non coglie quasi mai le reali potenzialità insite in quella “successiva”. Ed è quello che sembra accadere anche oggi. Nonostante tutti dicano che “i giovani sono il futuro”, le lamentele nei loro confronti sono diffuse, come sempre…

La trappola della facilità

“Non capisco, - dice in psicoterapia un genitore esasperato - questi ragazzi hanno tutto eppure sono spesso arrabbiati e insoddisfatti, non sanno cosa fare, sono confusi. A volte mi sembrano persino ingrati con noi, con tutto quello che abbiamo fatto per loro!”. Molti genitori si fermano a un’osservazione superficiale del fenomeno e non si chiedono perché tanti ragazzi oggi mostrino questo strano cocktail di insofferenza, aggressività, noia e disorientamento. Il punto è che questa generazione di ragazzi, unica nella storia, si trova ad affrontare un ostacolo invisibile ma molto pericoloso. Proprio loro che ottengono tutto con facilità, che possono viaggiare in tutto il mondo, comunicare in tempo reale, avere tecnologia e benessere a portata di mano, devono fare i conti con i problemi che questa stessa facilità comporta: e cioè che il mondo nel quale si trovano  vivere, seppur pieno di comodità pratiche, non offre sufficiente ostacoli “veri” su cui il ragazzo possa formare il proprio sviluppo psichico.

L’utilità degli ostacoli

In ogni tempo i giovani hanno avuto “draghi” - come si dice in psicanalisi - contro cui combattere ed esercitare così le proprie forze: il drago a volte era costituito da condizioni sociali difficili, a volte da un sistema politico repressivo o da un’educazione genitoriale antiquata che andavano abbattuti e superati; da una società da rinnovare nei suoi valori o da una patria da far rinascere. Insomma, era tutto molto scomodo, ma gli ostacoli erano reali e concreti: bisognava darsi da fare, bisognava “uccidere il drago”. Così, se questi ostacoli da un lato facevano dei danni, dall’altro offrivano ai giovani qualcosa su cui formarsi, appassionarsi ed essere stimolati a intervenire, creando valori, seguendo ideali.           

Il drago sfuggente

Oggi di draghi non ce ne sono quasi più. Non lo sono la maggior parte dei genitori, che, cercano spesso di essere amici dei figli invece che educatori; non lo è la vita di ogni giorno, che è piena di comfort elettronici e digitali; non lo è la necessità della pagnotta, perché la famiglia di origine è spesso pronta a intervenire con le sue risorse economiche; e così via. I ragazzi non se lo spiegano, ma sentono nel profondo di essere in una posizione psicologicamente controversa, incastrati tra una grande comodità  (che impedisce loro di formarsi e di ribellarsi) e una prospettiva futura di precarietà professionale (che li spinge a studiare per poi lasciarli senza lavoro) di fronte alla quale sembra non ci sia nulla da fare. Come potrebbero non essere irritabili, scontenti, demotivati?

Fare da stimolo

I ragazzi sono pieni di un’energia che non sanno dove e come impiegare. Perciò, come genitori, invece di criticarli e al contempo di “foraggiarli” in eccesso, dobbiamo aiutarli a individuare per se stessi ostacoli formativi, che si traducano in stimoli, in capacità e in entusiasmo. E se i “draghi” tradizionali sono stati disattivati dalla facilità di vita, ce ne sono altri sempre validi. Siamo noi genitori che dobbiamo tornare a proporre regole ben chiare e chiedere ai figli un dialogo che li stimoli a guardare dentro di sé, a conoscere meglio il proprio mondo interiore: paure, emozioni, risorse. Solo così avranno i mezzi per sentirsi vivi in un mondo che sembra fatto apposta per tenerli in un eterno stand-by.           


Dai loro regole coerenti

A prescindere dall’impostazione educativa, le regole e i valori di riferimento dei genitori devono essere chiari, ben espressi e costanti. Solo così il bambino e il ragazzo possono prenderne le misure e crescere. Perciò non cambiamo le regole in base a nostri umori, sensi di colpa o nervosismi; non alterniamo critiche e lassismi su base puramente emotiva.

Contagiali di passioni  

Nel mondo attuale, stracolmo di fatui e svianti modelli di riferimento, trasmettiamogli qualcosa di consistente. Non attraverso continui “consigli critici”, del tipo: «Devi essere così, devi fare cosà». La cosa migliore è dare l’esempio: hanno bisogno che qualcuno li contagi con la passione, con l’amore per la vita, con la voglia di fare: veri strumenti per vincere l’inerzia.

Aiutali a sperimentare  

A volte, in buona fede, spingiamo i nostri figli verso continue sfide: prendere voti alti, puntare al massimo, eccellere. Ma non sono queste le lotte utili allo sviluppo. Le vere sfide, quelle costruttive per un figlio, sono quelle per riuscire a capire cosa gli piace, cosa gli interessa, e poi riuscire a perseguirlo. Non per il voto o per l’apparenza, ma per se stesso.

 

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