Esiste una “regola di vita” molto semplice, "l'accettazione attiva”, grazie alla quale possiamo affrontare successi e sconfitte uscendone comunque arricchiti
Credere o non credere in se stessi, ecco il dilemma: per farlo, quanto conta il nostro passato? Si potrebbe pensare che qualcuno parta avvantaggiato: nell’infanzia è stato amato e valorizzato in modo equilibrato, e questo l’ha portato ad avere quella che la psicologia chiama “fiducia di base”, cioè una prima, importante sensazione di essere e di valere qualcosa. In altri la fiducia di base non si è creata: c’è chi ha percepito di “essere intrinsecamente sbagliato” poiché è stato guardato solo nelle sue mancanze e amato in modo carente, ma c’è chi è stato esaltato ben oltre il suo reale “valore” e ha poi avvertito di “non essere il campione che tutti si aspettano”. Ma poi la realtà sovverte i pronostici: trovatelli che diventano adulti e fondano imperi economici, bravi ragazzi che crescono bloccati da inspiegabili insicurezze.
Nel mondo di oggi siamo soggetti a un continuo e spesso logorante confronto con noi stessi. C’è chi proclama di avere molta fiducia in sé, ma poi si sente un fallito alla prima avversità. C’è chi è convinto di non valere niente, ma poi scopre che nella vita è deciso e tenace come pochi. E poi c’è chi fa dipendere questa fiducia in sé dai fattori più disparati: risultati professionali, successo sentimentale, innamoramento, stato ormonale, umore, critiche, apprezzamenti, discussioni e tanto altro. Insomma la questione del credere o meno nel proprio valore è, in molti casi, irrisolta. Come è possibile costruire un “senso di sé” che non cambi di continuo e al quale attingere come a un riferimento sicuro nei momenti che contano, sia positivi sia negativi?
Il segreto per raggiungere e mantenere la fiducia in se stessi è in fondo molto semplice: occorre rinnovarla insieme agli eventi. L’autostima non è data una volta per sempre, immutabile e granitica. Il senso di sé cambia con la vita, sia con gli eventi esterni sia con lo sviluppo della personalità. La percezione del proprio valore globale va quindi ascoltata, aiutata e integrata in noi con il passare del tempo. Ciò si può comprendere bene usando l’espressione latina “amor fati”, che letteralmente significa “amore per il destino”, ma, tradotta meglio, indica “l’accettazione attiva verso ciò che accade”. L’accettazione attiva è un modo di affrontare le cose che consiste nel fare il possibile per vivere bene e far andare bene le cose, ma accettare comunque il risultato o gli eventi, positivi o negativi che siano. Ciò non implica essere passivi ma trarre attivamente fiducia in sé sia di fronte ai successi, riconoscendo i propri meriti e acquisendo così più valore, sia di fronte agli insuccessi, non distruggendosi di sensi di colpa e facendo tesoro degli errori commessi acquisendo così più valore e la possibilità di fare meglio in futuro.
Da sempre, perlopiù senza saperlo, usiamo orgoglio, senso di colpa, autocompiacimento, lamentazione, giustificazioni, scarico di responsabilità, ricerca di cause storiche, cultura del trauma, per ammortizzare la nostra paura di non valere e di essere sbagliati. Anche se non è facile dobbiamo, però, rinunciare a tutta questa chincaglieria psicologica. Se si vuole una fiducia stabile in se stessi, bisogna uscire dalla dualità “sono adeguato / sono inadeguato”: se l’atteggiamento verso gli eventi è stabile, a prescindere da come ci si sente, allora si stabilizzerà anche la fiducia.
- Accetti i naturali momenti di fragilità e di scoramento che possono capitare
- Sei disposto a ridiscutere il tuo punto di vista e sai chiedere scusa se sbagli
- Riesci a esprimere idee e contrarietà nonostante la paura del giudizio
- Sei disponibile ad aiutare gli altri senza aspettarti nulla in cambio
- Guardi al futuro con fiducia anche se la situazione economica è precaria.
“Sicuramente non ce la faccio”; “Mi è solo andata bene”; “Chi mai mi noterà?”; “Farò la solita fine”. Queste frasi vanno abbandonate al volo: pronunciarle, anche solo per scaramanzia sottrae autostima. Non devi per forza dire che ce la farai: il silenzio, seguito dall’azione, è la cosa migliore per sentirti più forte, più “tu”.
Non combattere contro te stesso, ma scegli di stare dalla tua parte. Tutto quel che ti accade o che ottieni, qualunque cosa sia, è tuo e lo trasformerai in qualcosa di vantaggioso. Non aspettare perciò di avere autostima, per agire: verrà dopo.
Se hai troppi contatti con persone che ti sviliscono, o al contrario ti esaltano in modo acritico, evitale, perché ti intossicano. Avere invece accanto degli sguardi valorizzanti e corretti ti stimola. Del resto, scegliersi una giusta rete di relazioni è un modo per riconoscere a se stessi un valore. Capire chi ci può apprezzare indica, in fondo, che ci apprezziamo.