Quando un dolore dell’anima resiste, siamo proprio noi a “tenerlo in vita”, soffermandoci sulle cause: non è il pensiero che “rimargina”, ma lo sguardo giusto
In molte persone esiste un’idea profondamente sbagliata, che fa credere che le sofferenze dell’anima siano destinate a durare per tutta la vita. Non è così: dentro ognuno di noi esiste un processo creativo, qualcosa che sta “facendo” adesso l’essere che sei, indipendentemente dalla vita che ho fatto, da chi ho incontrato. Valga questo esempio: una mia collega mi dice che sta attraversando un periodo difficile, e mentre mi parla delle cose che non vanno bene della sua vita, le ricollega alla sua storia famigliare. Le chiedo allora di guardarsi intorno e di chiedersi cosa sta accadendo intorno a lei in quel momento, perché ciò che sta creando il suo essere, è tutto quello che la circonda in quel preciso momento… Noi dobbiamo guardarci intorno e guardare a ciò che stiamo creando in questo preciso momento, non collegare le nostre sofferenze a una causa.
Le cose valgono solo nel momento in cui accadono
Nei periodi di difficoltà occorre”posare lo sguardo” sulle cose che veramente ci piacciono e che ci rendono felici, perché il benessere del nostro cervello non dipende da quello che ci è accaduto in passato, non dipende dalla nostra storia. Le nostre ferite “eterne” (ovvero quelle che cronicizziamo con il pensiero) impediscono che l’esistenza continui; il cervello è fatto per produrre cicatrici, allontanare i traumi e andare avanti. Per questo non dobbiamo più andare a toccare le nostre cicatrici, dobbiamo lasciarle nel nostro passato. Le cose valgono solo nel momento in cui accadono, non c’è nulla che duri per sempre; noi cambiamo continuamente, sia di giorno che di notte, cambiamo a seconda dei sogni che facciamo, dei nostri modi di stare “in campo”.
Se pensi troppo a un problema lo rendi cronico
Gli antichi avevano scelto un Dio per l’oblio, Hermes, il signore della medicina e la forza che cura di notte, attraverso il sonno. Se dentro la nostra mente pensiamo e ripensiamo ai problemi che ci hanno causato le cicatrici, quei problemi, quei ricordi, diventeranno cronici. Se noi siamo consapevoli che c’è qualcosa che ci sta creando, cambiando, indipendentemente da quello che ci è successo, il dolore comincerà ad allontanarsi. Una ghianda, indipendentemente dal terreno in cui si trova, continua a fare imperterrita le sue radici, le sue foglie i suoi rami, creando una quercia.
Dentro di noi c’è uno stato creativo perenne, che continua a creare, anche di notte, quando tutto si spegne, e “forma” i sogni, immagini al di là del tempo e soprattutto di ciò che è accaduto.
Io non sono le cose che mi sono accadute, io sono quello che adesso fa le cose che sa fare, le cose che mi piace fare. Se mi è chiaro questo, mi è chiaro che il portare la mia mente sulle ferite può distruggere la mia esistenza. Ecco perché bisogna guardare le proprie ferite come a fatti antichi, estranei, lontani….