Quando la rabbia trattenuta diventa... gastrite!
Psicosomatica

Quando la rabbia trattenuta diventa... gastrite!

La psicosomatica insegna che ogni sentimento inespresso provoca malessere: un fuoco che brucia lo stomaco è la tua collera che non riesce a uscire…

La storia che state per leggere è emblematica di come molti disturbi comuni abbiano un’origine psicosomatica. Paolo, un uomo di quarant’anni decide di intraprendere un percorso di psicoterapia ad indirizzo psicosomatico per curare un disturbo piuttosto comune: la gastrite. Paolo è un uomo alto e robusto, sembra un ragazzone un po’ impacciato. Da un anno soffre di una fastidiosa difficoltà digestiva, accompagnata da bruciori di stomaco:

Prima digerivo anche le pietre, ora non riesco a mandar giù neanche una nocciolina senza star male… Forse è lo stress…

La sua vita, però, scorre senza grandi scossoni né situazioni stressanti: si barcamena con un lavoretto part-time come commesso d’abbigliamento e il fine settimana dà ripetizioni di inglese. Riduce all’osso le spese e, quando è “in bolletta”, lo aiuta suo padre.

Una vita di serie B difficile da mandare giù

Nel tempo libero Paolo si dedica alla sua grande passione: leggere riviste e testi di fisica. Racconta in terapia:

“Da bambino mi piacevano le scienze e sognavo di diventare un ricercatore, ma non sono riuscito a trasformare questo sogno in un vero lavoro. In realtà non ci ho mai neanche provato. Mio padre mi chiamava “bamboccione”, ma che ci posso fare? Non sono un tipo ambizioso. La mia è una vita senza infamia e senza lode… e tutto sommato a me va bene così”.

Davvero gli va bene così? Più che una scelta di vita, la sua sembra una resa. Racconta di aver sofferto per la prima volta di gastrite un anno prima, dopo aver ricevuto una lettera del padre che lo informava che i due terzi dell’eredità di famiglia sarebbero stati “riscossi” dalla sorella, incinta del secondo figlio. Paolo ci rimane malissimo, è amareggiato e deluso. Si è sempre sentito un figlio “di serie B” rispetto alla sorella, donna di successo e ben presto madre di famiglia, e la lettera dimostrava ancora una volta che lui non valeva nulla. Ma a suo padre non dice niente…

La rabbia inespressa “si sfoga”come può...

Nell’arco di qualche giorno da quella lettera Paolo comincia a non digerire più. La lettera “avvelenata” non gli era andata giù e non vuole andargli giù! L’ha chiusa in un cassetto senza rispondere né chiedere spiegazioni, fingendo che la cosa non lo riguardi. “Ma quell’episodio è accaduto un anno fa!” riflette stupito. “Ormai è superato… Non vedo come possa aver scatenato un mal di pancia così lungo!”. Paolo non sa che il corpo non vive nel tempo e parla il linguaggio dei simboli. Il cibo che ingeriamo si riempie di significati legati all’atmosfera in cui viene consumato.Con la digestione assimiliamo ciò che mangiamo e lo portiamo dentro. La digestione da un punto di vista psicosomatico è metafora della trasformazione dentro di noi di ciò che è esterno a noi.

Ogni disturbo è una fiaba, un mito, un simbolo…

Durante il percorso di psicoterapia Paolo viene incoraggiato a immaginare il suo disturbo aiutandosi con delle metafore, affinché si accosti al linguaggio simbolico dei miti e delle favole. Così, si rende conto che in una fiaba quella lettera sarebbe come la mela avvelenata, ma anziché farlo cadere in un sonno profondo, l’ha risvegliato rinnovando un antico dolore. Come l’eroe di una fiaba Paolo si mette alla ricerca di un antidoto frugando tra i ricordi, nei bauli e nei cassetti. Ritrova così la lettera dell’anno prima, i disegni delle elementari, le foto delle vacanze e un trofeo degli scout di quando aveva quattordici anni. “Avevo graffiato via la scritta “secondo posto” per non farla vedere a mio padre. A lui un secondo posto non andava mai bene”. Il padre di Paolo è un uomo dal temperamento forte e autoritario che lo ha sempre fatto sentire un rammollito.

Il veleno è anche l’antidoto!

Grazie a questo viaggio interiore Paolo si rende conto che, mentre credeva di vivere la vita che aveva scelto, pur di scampare al confronto col padre, era diventato proprio l’uomo senza qualità, mediocre in tutto, che lui lo accusava di essere. Ha evitato di provarci sul serio in qualsiasi campo della vita e ha così finito per rinunciare al sogno di diventare un ricercatore. La gastrite era il segnale “bruciante” che qualcosa si ribellava alla depressione che lo aveva spento per più di venti anni. Ma come in ogni fiaba che si rispetti, a ciascun veleno corrisponde un antidoto, e la formula spesso ha…gli stessi ingredienti! Qualcosa andava ripescato dal passato, un’immagine in grado di innescare un cambiamento: “In un baule ho trovato un microscopio che mi aveva regalato mia madre… Lei era come me, ci somigliavamo, le piaceva rifugiarsi nel suo mondo, nei suoi libri…”. La madre di Paolo, morta quando lui aveva dieci anni, gli aveva lasciato in eredità una frase preziosa che gli diceva ogni volta che lui si lamentava di essere meno bravo degli altri: tu sei tu! Gliel’ha anche scritto in un biglietto che Paolo ha ritrovato in un cassetto. Dopo una settimana di ricerche all’improvviso Paolo smette, richiude scatoloni e cassetti portandosi con sé solamente tre oggetti come fossero amuleti: la foto della madre, il microscopio e il biglietto con la scritta “tu sei tu”.

“Ho messo i miei talismani sul tavolo e ho immaginato che mia madre fosse lì con me dicendomi “Tu sei tu” e mi sono messo a piangere… mi sentivo come Pinocchio di fronte alla fata turchina: ero pieno di bugie su me stesso e piangevo perché volevo essere un uomo vero, realizzare i miei sogni… Lo volevo ancora”.

La rabbia si trasforma in nuova energia

Grazie a quella frase magica e all’alchimia delle lacrime un nodo si è sciolto: “Sentivo che potevo ancora fare qualcosa e mi dispiaceva essermi nascosto così a lungo”. Da quel giorno la sua rabbia è stata rimessa in gioco sotto forma di nuova energia e i mal di pancia sono gradualmente svaniti. Adesso Paolo mantiene rapporti cordiali con i familiari, le frasi ad effetto del padre non lo toccano più di tanto e sta aprendo un’attività in società con un suo vecchio compagno di liceo: una libreria di settore che tratta testi e riviste scientifiche. E porta sempre in tasca il biglietto con la scritta: “tu sei tu.”…

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