Depressione: la guarigione si chiama autenticità
Depressione

Depressione: la guarigione si chiama autenticità

A volte la depressione arriva e spazza via i nostri progetti: quando accade, significa che quei piani non fanno per noi, e dobbiamo cambiare strada...

Quella che stiamo per raccontarvi è una storia difficile ma a lieto fine. Ad appena trent’anni, la vita di Claudia è un progetto realizzato, la sua è un’esistenza programmata per il successo, come un purosangue allevato per vincere le corse: peccato che non sia la SUA esistenza, ma quella progettata per lei dai suoi genitori. Mamma e papà avevano sempre sognato che lei diventasse una donna con “la testa sulle spalle”, che si laureasse in economia in tempi rapidi e prendesse in mano l’azienda di famiglia, e lei aveva seguito docilmente quel programma. Tutto era andato secondo i loro piani. Ma un giorno, di ritorno da un viaggio di piacere in cui era stata benissimo, Claudia comincia a piangere, così, senza un apparente motivo. “È solo un po’ di tristezza passeggera”, si dice, e rinvia al giorno dopo il rientro al lavoro. L’indomani piange tutto il giorno, e così il giorno seguente. Tornare al lavoro è impossibile. Nel giro di una settimana, il progetto di un’intera esistenza pare naufragare nelle lacrime. I suoi genitori sono fiduciosi, le suggeriscono andare dal medico, di farsi prescrivere qualcosa per superare la tristezza, per ripartire più forte di prima. Lei, però, una volta tanto sceglie di testa sua e si rivolge a uno psicoterapeuta: gli racconta che si sente sbagliata, come se avesse vissuto una vita non sua, che le sue giornate assomigliano a un deserto arido, che ormai si sente finita e che è troppo tardi per cambiare. Tardi, a trent’anni...

 

Le lacrime fanno germogliare la vita

Lo psicoterapeuta, sorprendendola, la invita a non cercare di fermare le lacrime: provengono dall’interno proprio per “irrigare il suo terreno arido” e far così germogliare una nuova Claudia. Le consiglia inoltre di guardarsi mentre piange, come se lei fosse un osservatore esterno. A Claudia tale esercizio, che svolge meticolosamente ogni giorno, fa ritornare in mente la passione che aveva da ragazzina: fare la sarta, giocare coi cartamodelli e confezionare piccoli abiti. Pur titubante, riprende in mano forbici e ago e mentre prova a cucire un vestito si sente fuori dal tempo e dagli obblighi, felice... Lo psicoterapeuta le consiglia di portare con sé la “Claudia bambina” durante una giornata normale e di chiedersi cosa farebbe al suo posto nelle varie circostanze. Di certo non si lamenterebbe e non penserebbe che sia tutto finito! Claudia si rende conto di poter essere se stessa anche qui, in questa vita che altri hanno “confezionato” per lei e decide di tornare al lavoro, ma di farlo a modo suo, seguendo il proprio istinto e le proprie idee e la propria creatività anziché i dettami del padre. Così facendo, tanto la sua vita quanto la sua azienda in breve tempo riprendono slancio. Ora le sente proprie e quando si guarda allo specchio sorride pensando che... il deserto è fiorito!

 

Grazie alla depressione può sbocciare l’originalità

Un fatto è certo: siamo al mondo per far sì che si realizzi la nostra identità, la nostra unicità, non per diventare come gli altri, o come ci vogliono genitori e fidanzati. In questo senso non importa avere un’identità “di successo”, conta solo sentirsi a posto “nei propri panni”. I panni di Claudia erano stati cuciti dai suoi genitori: li ha indossati come un manichino per anni finché qualcosa dentro di lei non ha iniziato a premere, l’esigenza di trovare un proprio stile si è fatta più pressante e la sua vita le è apparsa di colpo per quello che era: un deserto in cui la “pianta di Claudia” non poteva fiorire. Come nutrire il suo deserto e sbocciare? Ecco le lacrime mandate da una “provvidenza” interiore che sa sempre cosa ci serve. L’improvvisa depressione l’ha fermata, l’ha separata dalla routine e l’ha messa di fronte a se stessa. Non è stato un intoppo a una carriera di successo, come hanno pensato i genitori che pur in buona fede rivolevano subito indietro la figlia efficiente, magari a colpi di psicofarmaci; è stata un’occasione da cogliere al volo per far rinascere la sua originalità, la sua unicità. Claudia ha avuto l’intuizione giusta: un percorso terapeutico che le ha mostrato come le lacrime stavano solo innaffiando il suo “terreno”. Ora sta a lei far crescere la pianta che le corrisponde. Il gesto di cucire vestiti, che riemerge dall’infanzia, è simbolico: Claudia in quei momenti “senza tempo” cambia mentalità e trova il modo per portare finalmente un po’ di se stessa e della propria creatività dentro le sue giornate. Ora sa cucire da sola il “vestito” che vuole indossare nel mondo...

 

Le lacrime ci avvicinano all’inconscio e attivano la nostra creatività

Ecco come la grande psicanalista junghiana Marie-Louise von Franz parla delle lacrime e della loro importanza: «Le lacrime sono essenziali. In molti miti antichi la superficie della terra viene trasformata da deserto in un luogo abitato, fertile. Ho constatato che le persone chiamate a un lavoro creativo talvolta si abbandonano ad accessi di pianto. Non ne conoscono la ragione, oppure dicono che “piangono sul proprio destino”. Si sciolgono in lacrime, poi un giorno, improvvisamente, si riprendono e cominciano a rivelare la loro creatività. È uno dei modi in cui la coscienza può dissolversi per avvicinarsi all’inconscio, una fase di estrema importanza. Avviene soprattutto in persone che hanno un atteggiamento troppo solidificato, troppo razionale, che devono passare per un processo di fluidificazione perché l’inconscio possa affiorare e parlare loro».

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