Il cardo mariano libera da scorie e tossine il nostro organismo quando è affaticato e rinnova i tessuti logorati dagli eccessi delle feste
Questa bella pianta delle Composite deve il suo nome a una tenera leggenda: le macchie bianche che costellano le foglie inferiori, disposte a stella, sarebbero state formate dalle gocce di latte cadute dal seno della Madonna mentre allattava il piccolo Gesù. Il cardo mariano cresce ovunque nel bacino mediterraneo svettando i fiori piumosi color ametista sul lungo gambo fibroso. Usato fin dall'Alto Medioevo, il cardo mariano entra in tutti gli erbari come rimedio per le fitte al cuore e all'addome, contro le emorragie e i crampi infantili.
Il suo regno è però quello dei disturbi epatici, grazie a un componente attivo, la silimarina, che stimola il rinnovamento dei tessuti del fegato e si dimostra efficacissima negli avvelenamenti acuti causati dai funghi velenosi. Il suo effetto rigenerante sul fegato rende il cardo mariano prezioso in questo mese oscuro, così faticoso per l'organismo.
Prendi 20 gocce di tintura madre di cardo cariano tre volte al giorno, mezz'ora prima dei pasti. Nei disturbi cronici del fegato, meglio evitare la tintura alcolica e sostituirla con le capsule di estratto secco. Oppure con una tazza di decotto, da prendere dopo i pasti: far bollire 10 g di cardo mariano (pianta intera) in 200 g d'acqua per 10 minuti. Filtrare e bere subito.
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Tra le varie specie di cardi ce n'è una che entra in cucina, la Cynara Cardunculus. Popolarissimo in Piemonte, dove è protagonista della bagna caoda, questo gustoso ortaggio dai fusti carnosi, di sapore simile al carciofo, ma più delicato, condivide con i suoi parenti selvatici i benefici effetti su fegato e pancreas. Chi non soffre di particolari disturbi ma vuole dare una sferzata d'energia ai suoi organi può inserirlo nella dieta, al posto del cardo mariano. Lo si cucina in vari modi: brasato, stufato, impanato a mo' di cotoletta vegetale o nella classica versione piemontese, risulta sempre delizioso.