Se accogli l'inquietudine ritrovi la tua strada

Per eliminare i pesi mentali non occorrono grandi sforzi: il segreto è accogliere il malessere senza alcun commento, ricordando che viene per riportarci a casa...

Una lettrice di Riza Psicosomatica, il cui nuovo numero è ora in edicola, mi scrive una e-mail per raccontarmi di un'inquietudine che viene a trovarla diverse volte al giorno. Mi chiede cosa fare per eliminare questa sensazione. Risposta: non si può e non si deve. L'inquietudine nasce al nostro interno, perché mandarla via? I grandi saggi affermano che se non sei inquieto più volte al giorno, ti dovresti preoccupare. Sant'Agostino affermava, per paradosso, che se sei inquieto, allora sei tranquillo...

Vivi l'inquietudine senza il giudizio

Ci sono molti modi di affrontare l'inquietudine: uno di questi consiste nel percepirla come un vento, un'energia che va accolta quando compare, senza alcun commento. Così l'inquietudine diventa una sorta di avviso proveniente dal mondo interno, che non usa le parole ma le emozioni, i sentimenti, i disagi, i disturbi. Non si devono mandar via i brutti pensieri, non si devono cambiare le cose che non ci piacciono: bisogna guardare, guardare e basta. Che cosa capita di nuovo ogni giorno? Questa è la domanda più importante da farsi. Quotidianamente accade qualcosa di significativo, ma spesso non ce ne accorgiamo. Se c'è qualcosa che fa male all'anima è cercare di mettere subito a posto le cose, dover per forza risolvere i problemi, ricucire immediatamente gli strappi. Le cose hanno i loro tempi, forzare spesso conduce a un peggioramento....

Siamo sempre nuovi

L'insegnamento che viene dagli abbandoni, dai problemi, è ricordarci che dentro di noi non esiste solo il personaggio che usualmente recitiamo sul palcoscenico della vita, ma che ci abitano tanti volti, tante sfaccettature della nostra personalità, che siamo ben altro rispetto a quel che sembriamo essere. I disagi, le inquietudini arrivano proprio per farci scoprire questi altri volti. Dobbiamo imparare a smettere di vedere in noi una trama perenne e immutabile, ma percepirci "di volta in volta": dinamici, mutevoli, imprevedibili. Le neuroscienze ci insegnano che dentro di noi si svolgono contemporaneamente migliaia di operazione differenti, tutte in sincrono. Siamo un'orchestra con tantissimi strumenti: perché guardiamo solo il primo violino? Di questo e di tanti altri argomenti parliamo sul nuovo numero di Riza Psicosomatica. Buona lettura!

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