Contro l'ipocondria la forza non serve
Psicosomatica

Contro l'ipocondria la forza non serve

Chi soffre di ipocondria pensa che occorra rafforzarsi, diventare dei duri e superare così la paura: è vero l’esatto contrario…

Ci scrive Mirko: sono un uomo di quarantadue anni, sposato ho un negozio e la sera insegno arti marziali. Ho una passione per la psicologia pratica: non teorie ma fatti. Questa "passione” mi è aumentata da due anni a questa parte perché in quest'ultimo periodo è cresciuta una forma d'ansia per le malattie (ipocondria) che mi trascino da decenni. Premetto che mia madre è morta che avevo sei anni di età e mio padre l'anno scorso per una grave malattia... Il tutto si è accentuato con la delusione che ho avuto con mia suocera. Speravo di trovare in lei quella comprensione e quell’affetto che un figlio cerca dalla mamma, ma lei si è sempre mostrata fredda e distante.

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La rabbia per questo “rifiuto affettivo” ha reso la mia ipocondria più accentuata.  Almeno ho la fortuna di avere una moglie affettuosissima, ma questi pensieri di malattia mi stanno rendendo un invalido, quando so di essere un Vulcano di vitalità! Ho fatto sempre sport mi sono sempre reputato una persona forte, mi hanno sempre affascinato le arti marziali per l'unione di forza e spirito, quindi preferirei riuscirci da solo che fare psicoterapia. Ma come fare?”

Liberati dalle convinzioni

Le convinzioni che ci abitano possono rivelarsi il nostro avversario più tenace. La storia di Mirko è esemplare. Soffre da sempre di ipocondria e ne conosce la causa: la prematura scomparsa della mamma. Apparentemente, non fa una grinza: diventare orfano a sei anni è un’esperienza traumatica, specialmente se chi viene a mancare è la madre. La morte del padre lo scorso anno rende più acuta l’ipocondria e il “rifiuto” affettivo da parte della suocera fa il resto. Tutto giusto apparentemente, tutto sbagliato in realtà.

La tua storia non crea l’ipocondria

Che cos’è l’ipocondria? Una forma particolare di ansia, la paura delle malattie. Questo in superficie: nel profondo, l’ipocondriaè paura di se stessi. Proprio così: quel che si teme è svelare al mondo parti nostre che temiamo di mostrare o che riteniamo indegne di essere viste. Di volta in volta, possono essere caratteristiche di personalità (ad esempio un temperamento diverso da quello che si ritiene giusto), desideri, paure… Dunque, la storia di Mirko ha ben poco a che vedere col suo disturbo.

Probabilmente, nei primi mesi dopo la scomparsa della mamma, il piccolo ebbe dei problemi col sonno, con l’alimentazione o si ammalava spesso, avendo le difese immunitarie a terra per via dello stress emotivo subito. Reazioni normali di un bimbo cui è toccato in sorte un tale dolore. Ma Mirko non ha l’ipocondria da allora per questo, ma perché l’ha inconsciamente trasformata in un alibi per impedirsi di svelare al mondo le sue parti fragili, dolci, delicate, che forse inizialmente ha nascoste anche a sé stesso per sopportare il dolore, nell’illusione che la forza lo avrebbe sostenuto di più.

Se accogli la fragilità diventi più forte 

La particolare vicenda con la suocera chiarisce la funzione dell’ipocondria: quando questa donna rifiuta (comprensibilmente)di fare da mamma putativa, Mirko ha una crisi e il disagio aumenta. Perché la suocera non ha voluto fare la madre bis, come pensa Mirko? NO, perché l’ipocondria è il tentativo dell’anima di far andare Mirko oltre quel lutto avvenuto 36 anni prima: se cerchi ancora la mamma, sei ancora là… Quindi le crisi aumentano tanto più quanto Mirko cerca di raddrizzare la sorte, avere una compensazione: non c’è alcuna possibilità di guarire così.

Ma l’ipocondria “dice” anche altro, dice che Mirko non è solo l’uomo forte, che insegna arti marziali e che ama la “psicologia” dei fatti e non delle parole. È anche un ragazzo fragile e smarrito e infatti si è scelto una moglie che descrive “affettuosissima”… Il “bambino interiore” che lo abita sta chiedendo aiuto ma l’IO supponente di Mirko ancora interviene: “devi farcela da solo”! Forse, questa volta è il caso di non ascoltarlo, arrendendosi e facendosi dare una mano…

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