Non temere la rabbia, ti accende la vita!
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Non temere la rabbia, ti accende la vita!

Se una rabbia incontrollata guasta le relazioni, anche quella trattenuta fa ammalare: se la guardi  senza giudicarla, si trasforma in energia creativa: ecco come

Se la manifesti ogni volta, risulti infrequentabile. Se la trattieni a lungo per poi alla fine esplodere, rischi di fare dei danni seri. Se la dissimuli e la nascondi, diventi un passivo/aggressivo, che si lamenta per qualsiasi sassolino facendolo pesare agli altri come un macigno. Se la trattieni del tutto, rischi di ammalarti, cioè di trasformarla in una patologia psicosomatica, spesso a carico dello stomaco o della pelle. Se infine la rimuovi, ti vengono gli attacchi di panico. Insomma: la rabbia è un sentimento che, se non trattato nel modo giusto, finisce sempre per dare problemi sia a noi stessi sia a chi ci sta accanto.

Eppure è un sentimento che apparteneva ai nostri antenati meno evoluti, appartiene ai mammiferi e a buona parte del mondo animale. Dovremmo essere in grado di gestirlo, noi che abbiamo l’etica, l’educazione, la civiltà! Invece no. Anzi, viviamo un paradosso: siamo evoluti, pieni di buoni intenzioni e sentimenti nobili, ma, come risulta anche da molte psicoterapie, la rabbia mal gestita e mal espressa è uno dei problemi principali del nostro tempo.

Ci insegnano a nasconderla fin da piccoli

Il problema risiede innanzitutto nel fatto che molti non hanno imparato, fin da piccoli, a trattare la normale rabbia che sorge di fronte all’inevitabile incontro/ scontro con il mondo. Magari hanno avuto uno o entrambi i genitori aggressivi, o hanno assistito a molte scene di violenza; oppure, al contrario, sono cresciuti nell’agio senza sapere cosa sia la frustrazione, o sono stati imprigionati da dogmatismi religiosi, che hanno imbrigliato la libertà personale. In tutti questi casi non si è creata una strumentazione psichica che convogli in modo sano sia la rabbia indotta dalle varie situazioni sia la naturale quota di aggressività che ognuno di noi porta con sé. Per cambiare le cose, bisogna considerare la rabbia in modo nuovo.

Porta sempre un messaggio importante: ascoltalo

La rabbia non è in se stessa una cosa negativa, anzi costituisce l’espressione finale di diversi stati d’animo: finiscono in rabbia l’insofferenza prolungata, il malcontento nascosto, il piacere troppo trattenuto, la sensazione di non essere amati o ascoltati o considerati, un forte senso di ingiustizia, il rancore inespresso, il narcisismo ferito, il rimuginare sospettoso, l’affermazione negata e tanto altro ancora. La rabbia raccoglie tutto questo e vorrebbe gridare al mondo - e alla fine in qualche modo, diretto o indiretto, lo fa - sempre e solo la stessa cosa: “C’è qualcosa di cui non ne posso più!”.

Può sembrare banale, ma se si osserva bene, si tratta sempre di un “no” a una certa situazione: un “no” che non è stato espresso al momento giusto e nel modo giusto, per mille motivi più o meno validi, e che ora si è gonfiato fino a farsi torbido, acre e potente. “Lei è arrabbiato?” chiede lo psicoterapeuta. “No, per niente”, risponde flemmatico il paziente. Ma in poche sedute l’arrabbiatura verrà fuori, spesso con grande sorpresa del paziente stesso.

Attenzione ai meccanismi automatici

La sorpresa è dovuta al fatto che, se riflettiamo bene sulla rabbia, scopriamo che spesso viene dal passato, anche lontanissimo. Chi è sempre arrabbiato o si arrabbia facilmente non ha potuto o non è riuscito a difendersi da situazioni che l’hanno fatto sentire solo, annientato, inferiore. L’evento che lo fa scattare di rabbia oggi è una sorta di eco di quella ferita, e ciò va riconosciuto al più presto.

Non già per scaricare le responsabilità su altri (che magari neanche si sono accorti di nulla e che comunque non possono più farci niente), ma al contrario per individuare quali sono gli schemi e gli ambiti che lo fanno “uscire di testa” e per poter così apprendere modi più lineari per esprimere la contrarietà. Si può farlo da soli o ci si può far aiutare: l’importante è riuscire, man mano, a tradurre ciò che la rabbia ha da dire in una richiesta, ben espressa, che non chiede al presente di risarcire il passato - cosa impossibile - ma di essere un “buon presente”, che viene incontro alle nostre esigenze e considera e rispetta le nostre opinioni.

  • Sfogala in giochi e sport
    La rabbia ben incanalata in un’attività ludica o sportiva, anche con la componente di una sana competizione, può diventare motivazione a migliorare e a integrarsi con gli altri.
  • Prova a dargli forma artistica
    Fin dagli uomini delle caverne, le emozioni più forti - anche la rabbia - trovano nell’espressione creativa la possibilità di superare la componente distruttiva e placarsi. Provaci.
  • Cura l’espressione del corpo
    La danzaterapia è una disciplina che può essere di grande aiuto per sfogare l’aggressività inespressa, incanalarla e darle un significato personale. Intimo, non spiegabile, ma concreto. Naturalmente, esistono altre strade...
  • Non usarla per “pungolare”
    Non scaricare la tua rabbia pungolando chi hai intorno con provocazioni e critiche continue: sii lineare nelle affermazioni e nelle richieste.
  • Non cercare riscatto nei figli
    Se covi rabbia perché la realtà non è stata generosa con te, non chiedere ai tuoi figli di riscattarti “spaccando il mondo”. Gli rovini tutto: la loro vita e il loro mondo.
  • Non nasconderti dietro al senso di colpa
    “Sì, ti rendo la vita impossibile, ma vedi come soffro per il senso di colpa?”. È un modo per tenere il bilancio emotivo sempre in pareggio, cioè sempre immobile.
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