Perché la vendetta è (quasi sempre) inutile
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Perché la vendetta è (quasi sempre) inutile

Un torto subìto può spingerci a ricambiare l’offesa: una reazione comprensibile che può diventare un’ossessione, mandando la mente fuori controllo

Quando la vendetta è “sana”…

 Vendicarsi mentalmente di un torto subito, immaginare la punizione più adatta per qualcuno che ha fatto del male a noi o a un nostro caro. È inutile negarlo: sono fantasie a cui il cervello di ognuno può attingere in alcuni momenti come manifestazione naturale e innocua di una forte rabbia repressa, di una contrarietà molto intensa. Fantasie come opzioni di sfogo, “azioni mentali” in piena libertà creativa che scaricano l’aggressività senza far del male a nessuno e, al contempo, mantengono l’equilibrio psichico energetico. Finché sono sporadiche e transitorie, accettarle e osservarle può esserci pure utile: rivelano qualcosa della nostra “parte Ombra”, ovvero qualcosa in più su noi stessi. Per molti, già il solo immaginare una vendetta è sufficiente ad “archiviare il caso”, e talora in questa strana creazione può esserci pure un lato buffo e ironico che scioglie la tensione e fa tornare la serenità. Non dimentichiamo che persino il Sommo Poeta nazionale, Dante Alighieri, ha sublimato tali tendenze profondamente umane nell’Inferno e nel Purgatorio della Divina Commedia, lettura obbligata nelle scuole: una sequela di ricercatissime allegorie punitive per chi ha commesso crimini e misfatti.

 

…e quando supera la soglia critica

C’è un punto oltre il quale tali fantasie diventano dannose per il proprio cervello e occorre fare attenzione e correre ai ripari:

 

- Quando si presentano alla mente ogni giorno o quasi;

- Quando irrompono nel fluire dei pensieri, ostacolandone il naturale flusso;

- Quando occupano molta attenzione ed energia mentale, con immaginazioni sempre più dettagliate e dalle sfumature sadiche;

- Quando, invece di diluire l’aggressività, aumentano il rancore e il desiderio di vendetta reale, facendo restare la mente sempre più ancorata al passato;

- Quando i contenuti sono spropositati rispetto al torto che si è realmente subìto.

 

In tali casi il cervello organizza la sua attività intorno a questi nuclei di pensiero patologico e si fissa a quel livello, aumentando man mano la sua carica aggressiva fino - se non ci si accorge - a un ulteriore punto critico, oltre il quale la rabbia straripa in azione: o contro se stessi (ad esempio dando vita a emicranie o a malattie autoimmuni) o contro gli altri, con la messa in atto della vendetta. Ecco perché è importante intervenire subito, appena si varca la prima soglia.           

 

Facciamo come i bambini: subito lite o chiarimento

 

Non sentirti in colpa

Avere fantasie di vendetta in eccesso non significa essere cattivi o perversi, ma essere stati troppo a lungo diversi da come siamo davvero, aver trattenuto troppa contrarietà e non aver elaborato la rabbia. Bisogna saperlo.

 

Fai luce sulle tue fantasie

Una psicoterapia può aiutarti a capire e a risolvere le fantasie di vendetta ossessive. A volte esse esprimono una rabbia, dovuta a un presente frustrante, che ha bisogno di trovare qualcosa su cui sfogarsi. Un volto, una situazione del passato che, se oggi le cose andassero bene, non avrebbero tutto questo significato.

 

Scrivi una lettera

Trasforma in azione - un’azione innocua ma densa di significato - la tua vendetta. Scrivi una lettera, indirizzata alla persona in questione, nella quale esprimere al meglio tutto la tua rabbiosa fantasia. Non considerarla conclusa finché non senti di aver detto tutto. Poi non spedirla.

 

Risolvi subito i conflitti

Nei bambini la “vendetta” è immediata, come il chiarimento. Negli adulti invece entra nella dimensione del tempo, costretto dalle norme etico-sociali, e lì si accumula intasando il cervello. Ritrova la leggera spavalderia del bambino che litiga sul momento e torna subito a vivere.

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