Autostima vuol dire alt alle correzioni
L'aiuto pratico

Autostima vuol dire alt alle correzioni

La disistima nasce da un giudizio negativo sui nostri stati interiori; al contrario l’autostima nasce spontaneamente se accettiamo quello che proviamo "così com'è", senza correzioni

Una nostra lettrice, Laura, scrive una e mail alla redazione: “Come faccio a volermi bene? Io mi sforzo, cerco di essere migliore ma poi succedono cose che mi fanno odiare me stessa. Ieri ad esempio: so che devo giocare col mio bambino, so che a 4 anni il rapporto con la mamma è importante, ma dopo un po’ che sto con lui, che mi sforzo di essere una brava mamma, alla prima difficoltà o al primo capriccio mi prende la voglia di scappare e con una scusa lo lascio alla baby sitter e vado a farmi gli affari miei, con un misto di senso di liberazione, di vergogna e di odio per me stessa per essere così. Non mi interessa il mio bambino? Che mamma sono? Poi vedo le mie amiche, single e senza figli e mi scopro a invidiarle perché possono uscire quando vogliono. Non è possibile. Non sono io quella che non vuole stare col suo bambino, non sono io quella invidiosa. È un’altra, una persona sbagliata che odio”.

Per fortuna non siamo perfetti

Cosa fa male più di tutto alla nostra autostima? L’idea di quello che dobbiamo essere per essere “bravi”. Il “progetto di Laura” che vuole realizzare e che la allontana dalla Laura reale. Laura si è messa in testa che deve essere una “brava mamma”, cioè una mamma “perfetta secondo un ideale”: una mammina buona, allegra, paziente, una specie di fatina che adora i bambini e ama stare con loro e farli giocare 24 ore al giorno. Si è messa in testa cioè di recitare una parte completamente finta. Quando però ci prova, e scopre che il suo bambino non è un pupazzo di peluche che sorride a comando, ma una piccola persona in carne e ossa che ha i suoi gusti, ama divertirsi a modo suo e ha bisogno di un compagno di giochi e non di una fata da Libro Cuore, quando insomma le cose non rispettano i piani di laura e tutto va storto, la vera Laura salta fuori e, ovviamente, soffoca chiusa dentro quella recita finta. Ma ecco il cortocircuito. Invece di chiedersi: “Ma cosa sto facendo?”, Laura si convince che quel fastidio sia la prova dell’esistenza di una parte “cattiva” in qualche modo da correggere, da estirpare: “Che mamma sono se non voglio giocare col mio bambino? Non sono io quella invidiosa!”.

Ti senti cattiva? Ecco le parole che devi dirti

Dovrebbe invece dire: “Per fortuna che una parte sana di me si ribella alle recite: essere una mamma finta fa male a me stessa e a mio figlio, che merita una mamma vera e non il personaggio di una fiaba sdolcinata”. È solo perché insisti, ti sforzi, vuoi essere “migliore”, che la tua parte spontanea si ribella mandandoti le sensazioni di fastidio e il desiderio di fuggire. Attenta: non vuoi scappare da tuo figlio, vuoi scappare da te! Dalla Laura artificiale che stai mettendo in campo! Ecco spiegata anche l’invidia: le tue amiche sono naturali, non recitano. È questo che invidi in loro. Ma non è certo necessario essere single per essere naturali, basta buttare via i modelli che ci siamo messi in testa! Solo così potrai trovare la vera autostima....

L’azione che cambia la partita

Cosa può fare Laura per ribaltare la situazione e imparare a stare col suo bambino in modo diverso? Intanto non deve più sforzarsi di essere una “brava mamma”. Poi, può provare a passare del tempo con suo figlio senza darsi nessun obiettivo o modello, senza cercare di essere una fatina buona, senza voler guidare i giochi, senza dirsi cosa è bene per la crescita del piccolo, senza voler condurre le danze. Può provare a stare semplicemente lì con lui e osservarlo: le cose che fa, le cose che scopre, come sa inventare, come niente lo sazia, come tutto lo interessa... Non dirigerlo e non dirigere se stessa. Imparare da lui, non il contrario. I bambini hanno tantissimo da insegnarci perché il loro cervello esprime la massima potenza e duttilità possibile e non ha nessuna delle sovrastrutture che spesso ci incatenano. In questo modo, più si dimenticherà della Laura che vorrebbe essere, più emergeranno, proprio in quei momenti, ricordi, sensazioni, intuizioni, immagini, desideri: cosa faceva Laura all’età di suo figlio? Come giocava? Cosa le piaceva? Abbandonandosi all’atmosfera creata da quelle immagini riemerse riscoprirà senza accorgersene la gioia senza obblighi del rapporto con se stessa e con il piccolo.

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