Immedesimarsi può far male?
L'aiuto pratico

Immedesimarsi può far male?

Si tratta di un atteggiamento solidale che può dare buoni frutti ma può anche aggiungere inutili sofferenze se eccessivo: come 

Sapersi immedesimare nello stato d’animo altrui è uno strumento psichico di enorme importanza per ogni forma di convivenza e per lo sviluppo individuale e collettivo. Grazie al suo buon uso si può comprendere l’altro in profondità, aiutarlo, condividere, e anche conoscere di più sé stessi. Esso si basa su un meccanismo psicologico semplice e complesso al contempo: davanti a una persona che si trova in una situazione particolare - se siamo in buon contatto con la nostra interiorità - attingiamo subito dentro di noi all’esperienza personale che più si avvicina, per vissuto o per analogia, a quella di chi abbiamo di fronte. Cerchiamo la maggiore “affinità di emozione e di situazione” e in tal modo possiamo intuire almeno in parte ciò che l’altro sta provando. Quando ci sentiamo “capiti” da qualcuno, è proprio perché lui o lei sono riusciti a immedesimarsi in noi, a compiere tale passaggio.

 

Un talento a doppio taglio

 

Immedesimarsi è dunque di un’opzione psichica che può essere attivata quando ce n’è bisogno, per aiutare gli altri o per capirne il comportamento. Alcuni, per la verità, non sono molto dotati in tal senso, altri invece hanno un vero e proprio talento che se ben dosato può fare molte cose buone, ma che se usato in eccesso si rivela un’arma a doppio taglio. Tale capacità è fortemente soggettiva ed è impregnata del vissuto personale in un modo che spesso è per noi stessi del tutto inconscio. A volte crediamo di immedesimarci e invece stiamo attribuendo all’altro emozioni nostre e i residui irrisolti delle nostre esperienze, traumi, ferite… Se immedesimarci in chi soffre ci fa stare troppo male, è necessario rivedere il nostro approccio alla situazione.

 

Quando la sintonia porta dolore evitabile

 

Può accadere che il dramma e la sofferenza di una persona cara e delle persone a lei vicine tocchino, in modo tagliente e preciso, una nostra profonda e lacerante ferita, magari lontana nel tempo ma ancora aperta e fino ad oggi sopita. Può riguardare diverse esperienze esistenziali: abbandono, annientamento, lutto, umiliazione, insicurezza... Così noi non viviamo solo il dispiacere per quanto sta accadendo e per il dolore che immaginiamo che queste persone provino - che sarebbe già un carico sufficiente - ma soffriamo a tutti gli effetti, senza accorgercene, per una “riedizione” del nostro vecchio trauma.

 

È in tal modo che l’immedesimazione si carica di troppa emotività e di proiezioni personali, e si fa insostenibile: diventa pensiero fisso, logorio psichico ed energetico. Ogni incontro con l’altro è una prova estrema che ci lascia svuotati.

 

Cautela e concretezza

 

Il talento di “lettura” dei sentimenti altrui diventa un limite se viene applicato tout court, senza cautela, poiché crea problemi a noi ma anche agli altri, a cui potrebbe nuocere l’eccesso di emotività che non riusciamo a trattenere. Serve una vicinanza part-time, fornendo supporto quando siamo in forze e non sull’orlo della commozione, per poi tornare alla propria vita e sentirne la stabilità. Ed è anche utile trasformare la condivisione emotiva, in parte, in aiuto pratico e concreto: “fare” invece di continuare solo  a “sentire”. 

TAG
DOLORE
COMPASSIONE
AMICIZIA
Iscriviti alla newsletter RIZA e ricevi notizie e suggerimenti per prenderti cura di te!
Test della settimana
Test della settimana
Quanto sei ansioso?