Tristezza o depressione: riconosci le differenze
Depressione

Tristezza o depressione: riconosci le differenze

Distinguerle è importante per farsi aiutare se siamo in depressione e per comprendere in altri casi il significato evolutivo della tristezza

Può capitare di confondere la tristezza con la depressione, ma distinguerle è fondamentale per comprendere se stiamo semplicemente attraversando un momento cupo o se siamo vittime di una vera patologia psichica che richiede l'aiuto di un professionista.

Indice dell'articolo

Tristezza o depressione? Impariamo a distinguerle

Anzitutto, serve una fondamentale distinzione:

  • La tristezza è uno stato psichico caratterizzato da afflizione e umore basso, riconducibile a un particolare dolore e a volte da un senso di malinconiapersistente. È in genere transitorio, ma la sua durata è molto variabile: può passare velocemente oppure durare per un certo tempo. Non altera significativamente le prestazioni scolastiche o lavorative, non compromette le relazioni.
  • La depressione è una patologia psichica che rientra nella categoria dei disturbi dell’umore, condizioni in cui il tono dell’umore stesso è alterato al punto da creare profondo disagio e difficoltà nella vita quotidiana, incidendo negativamente anche sulle relazioni sociali e lavorative. Ha una serie di sintomi precisi, che trovi qui.

Riconoscere e diagnosticare uno stato di depressione è fondamentale, altrimenti non lo si può curare, lo si peggiora, lo si cronicizza. È però importante non pensare di esserne vittima alla prima tristezza che ci coglie. Molte persone inconsapevolmente abusano dell’auto-diagnosi di depressione, ansia o panico, basandosi spesso su informazioni trovate in rete. Così, possono convincersi di avere quel problema. Basta pensare al modo in cui oggi spesso ci si esprime: si usa “sono depresso” per segnalare una transitoria ansia o malinconia oppure “sono nel panico” per situazioni di normale difficoltà quotidiana. I termini psichiatrici sono entrati di prepotenza nel linguaggio di uso comune, che a sua volta crea e potenzia stati d’animo e false percezioni di sé.

Perché spesso si confondono? Un problema di schemi comunicativi

Definirsi tristi... è triste! Al contrario, dirsi depressi può renderci persino interessanti, profondi, degni di attenzione. Dunque ci si definisce così per rendersi interessanti? Non solo, ma anche: il lamento in fondo è uno schema comunicativo che apparentemente funziona. Crea attenzione, fa pure superare i silenzi imbarazzati quando s'incontra un conoscente: non ci lamentiamo del tempo in ascensore? Tutto questo può diventare un’abitudine di cui non ci si accorge. Il rischio è di non riuscire più a sentirsi semplicemente tristi, a vivere uno scoramento, ad attraversare una crisi: codifichiamo questi stati come depressione, come qualcosa che non va bene e non dovrebbe accadere. Non si riesce a sentirsi agitati, preoccupati o disorientati: parliamo subito di panico, di delirio, di “andare fuori di testa”. O sei normale, cioè funzioni senza perdere colpi, o sei malato, sei strano, sei fuori. Curioso: da un lato viene costantemente proposta la cultura del superuomo e della superdonna che non devono chiedere mai, dall’altro, appena c’è un problema psicologico o esistenziale, viene bollato come un malfunzionamento, ricorrendo magari agli psicofarmaci per tornare a funzionare.

Il diritto di essere semplicemente tristi

È dunque necessario riappropriarsi dei propri stati d’animo per non trattare se stessi come malati. Non perché ci sia qualcosa di male nell’esserlo, ovviamente, ma perché a forza di farlo si finisce per cadere davvero in stati interiori di grande confusione peggiorando la qualità della nostra vita e quella di chi vive con noi. Le nostre emozioni sono un evento del tutto naturale. La paura o la tristezza fanno parte naturalmente dell’esperienza umana. A volte diventano depressione o ansia, ma solo a volte. Nella maggior parte dei casi sono stati d’animo spontanei e inevitabili e, al contempo, costituiscono un necessario passaggio per l’evoluzione di una persona o il superamento di un problema. Se non lo si comprende, si rischia di restare bloccati in una concezione di sé molto limitata, in cui ogni sentimento che devia da una norma appare come un problema da curare.

Ti senti triste? Fai così

Ecco alcune regole pratiche che puoi mettere in campo quando ti senti triste o giù di tono.

Non cacciarla, la rafforziLa tristezza non è una sensazione piacevole e, di conseguenza, l’istinto naturale di difesa ci porta a cercare di scacciarla via il prima possibile. È comprensibile ma sbagliato Se, infatti, tentiamo di mandarla via, la tristezza tornerà più forte di prima, se invece le facciamo spazio dentro di noi, svolgerà la sua funzione e poi ci abbandonerà.
Non cercare subito i motiviAllo stesso modo è sbagliato andare subito alla ricerca del motivo per cui è sopraggiunta. I sentimenti hanno il loro modo di agire, che la ragione non sempre comprende. Cerchiamo quindi di accoglierla così com’è e ricordiamo che ogni stato d’animo è per sua natura mutevole e che la tristezza, così com’è arrivata, al momento giusto andrà via.
Chiudi gli occhi e immaginaQuando ti prendono dei momenti di tristezza, rifugiati nell'immaginazione. Forma nella mente un'immagine di un uomo o di una donna antichi, e lascia che la tua fantasia "li prenda per mano" e faccia far loro un piccolo viaggio, un'avventura. In poco tempo, sentirai il tuo stato d'animo virare al bello...

La tristezza stagionale

La tristezza è uno stato d'animo che può arrivare in qualsiasi momento, ma ci sono alcuni periodi dell'anno in cui è più facile lasciarsi travolgere da sentimenti negativi. Con l'arrivo dell'autunno e successivamente dell'inverno e del clima rigido e uggioso che li caratterizza, capita di sentire che il proprio stato d'animo rispecchi l'oscurità che vediamo fuori dalla finestra. Il nostro umore ha un andamento ciclico, proprio come la natura, che attraversa una fase diversa in ogni stagione. Dopo il periodo estivo, caratterizzato da leggerezza e spontaneità, la tristezza autunnale ci colpisce inaspettata. Che cosa fare allora? Il modo migliore per superare questo periodo è attraverso la consapevolezza che la tristezza non è solo transitoria, ma è anche necessaria. Essa ci consente di raccoglierci in noi, ci spinge a guardarci dentro, a riflettere e ad analizzare in modo profondo i temi della vita che più ci stanno a cuore. È un processo naturale e necessario per poter ritrovare quell'energia che proviene dall'interno e che ci darà poi la spinta per affrontare quel che ci aspetta, per ripartire, liberi dalle zavorre del passato.

La tristezza cronica

La tristezza è un'emozione fondamentale per elaborare gli eventi spiacevoli che ci accadono ma ha anche la potenzialità di agire come stimolo per un cambiamento. Un periodo caratterizzato da questo sentimento e dalla profonda riflessione su noi stessi che ne scaturisce è dunque da ritenersi normale. Ma cosa succede se questo malessere interiore, il dolore e lo sconforto, non scompaiono? Che cosa succede se continuiamo a sentirci giù di morale, giorno dopo giorno? In questi casi possiamo parlare di tristezza cronica e, nei casi più gravi, di distimia. Si tratta di una forma di depressione accompagnata da una costante sensazione di tristezza e sconforto che persiste nel tempo, anche per anni. In questo caso il modo migliore per affrontare il disagio è quello di rivolgersi a uno specialista, psicologo psicoterapeuta o psichiatra, il quale potrà indicare il percorso di cura più adatto.

La tristezza senza motivo

Spesso si pensa che la tristezza debba avere per forza un motivo: si è tristi per aver perso una persona cara, per aver litigato con un amico, per non aver ottenuto una promozione a lavoro. Se hai una famiglia, una professione appagante e una bella casa non hai motivo di esser triste! Eppure non è così. A volte la malinconia arriva proprio quando in superficie tutto sembra andar bene. È un segnale che arriva dal profondo, dall'anima, e che cerca di comunicarci che abbiamo bisogno di un cambiamento, di prendere una direzione diversa. Questi sentimenti non arrivano necessariamente perché in noi c'è qualcosa di sbagliato ma per farci rimettere in gioco, per tornare a provare emozioni forti, per migliorarci e per non farci adagiare su delle sicurezze che in realtà sono solo apparenti.

E se la tristezza fosse una risorsa?

La cultura odierna spesso ci spinge a considerare la tristezza sotto una luce negativa, qualcosa da nascondere agli altri e da mandar via il prima possibile. In realtà, come abbiamo sottolineato in questo articolo è anche una risorsa. Riuscire ad accoglierla e a restarci in contatto, per quanto doloroso possa essere, rappresenta un passo importante da mettere in atto. Lo stato d'animo malinconico, spesso accompagnato da stanchezza, ci porta in primo luogo a prenderci cura di noi stessi. Quando siamo giù di morale sentiamo il bisogno di ritirarci dalla frenetica vita di tutti i giorni e ciò ci consente di concentrarci maggiormente su di noi, facendo riposare il corpo e dedicando spazio alla nostra parte più profonda, che attraverso la tristezza ha richiamato la nostra attenzione. Siamo così in grado di entrare in connessione con la nostra anima, comprendendo ciò di cui abbiamo davvero bisogno e ritrovando le energie per mettere in atto, se occorrono, quei cambiamenti che ci avvicinano al nostro sé.

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