Panico da successo: così lo vinci
Attacchi di panico

Panico da successo: così lo vinci

Ci colpisce quando siamo legati a un’immagine superata di noi stessi e inconsciamente non vogliamo abbandonarla: una reazione di panico che si può superare

A volte un esempio pratico vale più di tante parole: un tennista di buon livello arriva alla finale di un grande torneo e ha di fronte un campione consacrato. Sta combattendo come un leone da quattro ore e adesso, dopo cinque set nei quali ha tirato fuori il meglio del proprio talento (compreso quello che non sapeva di avere), ottiene un match point: se fa questo punto vincerà l’incontro e diventerà un campione. Si prepara alla battuta, tira fuori un bel servizio, poi un gran rovescio che costringe l’avversario a una risposta debole e alta, si porta sottorete per la più facile delle schiacciate, quella che gli darà il punto e la vittoria. Ma qualcosa si blocca. Istantaneamente il corpo si contrae, la mente si annebbia, arriva il panico di sbagliare, che per tutto il match non era comparso. Colpisce maldestramente e la palla finisce in rete, strozzando in gola l’urlo al pubblico. Torna a fondo campo frastornato con un solo pensiero in testa: dall’altra parte c’è un campione che prenderà al balzo il gran regalo, lui si demoralizzerà, non riuscirà più a giocare come prima e perderà la partita. Cosa che puntualmente accade. In gergo sportivo si chiama “braccino del tennista”.

Il panico è un disagio, non una condanna "a vita"

La metafora sportiva ben descrive uno disturbi più insidiosi: il “panico da riuscita”. Insidioso perché, di solito, il panico è associato alla paura di qualcosa di brutto: una bocciatura, un incidente, una critica, una figuraccia, una situazione difficile. Invece c’è un panico che esprime il terrore di farcela. Dalle profondità della psiche arriva qualcosa che si impadronisce di noi, ci inibisce e ci fa sbagliare. "Perché boicottiamo proprio ciò che vogliamo? Che scherzo è questo, che si ripete ogni volta?2. Proviamo rabbia verso noi stessi, anche se non sappiamo bene con chi prendercela. Quella parte di noi, infatti, dopo il danno svanisce. Allora cerchiamo altri colpevoli: la sfortuna, il malocchio, le influenze negative. Oppure ci annientiamo l’autostima: "Sono un perdente, un fallito". Non c’è alcun perdente o fallito, invece, e neanche alcun malocchio. Si tratta di un disagio psichico ben preciso e risolvibile. Il vero problema, è che sia la psiche sia il sistema nervoso non sono abituati a vivere l'esperienza della vittoria, e perciò la temono e la combattono. 

La paura dell’ignoto scatena il panico

Paura di un ignoto, per quanto bello sia. Teniamo presente che riuscire in qualcosa di tanto desiderato equivale a realizzarsi. E “realizzarsi” significa, non solo letteralmente ma anche psicologicamente, rendere se stessi reali. In questo caso, quindi, “più reali di prima”, più se stessi. Aumenta cioè la parte di noi che viene alla luce e che, da questo momento, chiederà di vivere. Una maggiore “quota di noi” sta per affacciarsi al mondo: "Sarò in grado – si chiede in profondità, senza saperlo, la persona – di sostenere tutto questo? Sarò adeguato a questa nuova realtà e alle responsabilità che comporta? In fondo, finché non riesco, nessuno (neanche io) sa se ne sono capace, e finché non lo sa, non me lo chiederà, e io sono al sicuro". 

Tempo di crescere o il panico vincerà

Sembra un vaneggiamento questo dialogo interiore, eppure esprime lo sgomento di fronte al peso della riuscita. Non si coglie la bellezza, ma il peso della realizzazione. L’inconscio (che è al contempo un fattore psichico e corporeo) sente che non siamo pronti a reggere e mantenere questo “di più”, e quindi lancia l’allarme attraverso il panico, che produce inibizione e mal destrezza. Ma qui viene il punto. Questo panico non vuole dirci: "Stai ottenendo qualcosa di più grande di te, quindi lascia perdere", bensì: "Stai per vivere una parte e una quantità di te mai vissuta, quindi preparati. Non farlo con la solita mentalità: poiché è un di più, serve un di più di consapevolezza". Questo panico perciò è come un drago che spaventa ma che, al contempo, offre la possibilità di crescita. E saperla cogliere significa raggiungere un’evoluzione della personalità che va al di là del singolo evento. Rimaniamo dunque concentrati e chiudiamo la schiacciata: si apre un nuovo modo di essere. È naturale non essere ancora del tutto pronti, ma affrontandolo restando presenti a noi stessi lo diventeremo. 

Accogli il timore

Quando l’ansia e il panico si manifestano in un momento in cui stai per vincere, non pensare perciò subito di essere sfortunato e non temere di avere la malattia (il Disturbo da Attacchi di Panico). Se la meta è autentica, se la senti tua, il panico ti sta indicando semplicemente che c’è in gioco una trasformazione importante. Così importante che va riconosciuta, legittimata e incoraggiata.

Abbandona il perfezionismo

Spesso il panico arriva perché vorremmo che tutto fosse pronto e a posto prima del tempo. Temiamo le sbavature, puntiamo alla perfezione. Ma tutto perfetto, per natura, non può essere. Per quanto possiamo esserci preparati bene, il successo si manifesterà a modo suo, e noi stessi diventeremo pronti “un po’ alla volta”, nel tempo, e in un modo in larga parte inatteso.

Vivi il rischio

Affrontare i rischi - anche quello di riuscire in qualcosa e averne poi la responsabilità - fa parte di uno sviluppo sano della psiche. Se non si affrontano rischi come questi, nella vita non si muove nulla, perché non tiriamo fuori parti di noi extra-ordinarie, che sono le uniche capaci di farci passare a una nuova consapevolezza di noi stessi.

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