L'ansia di essere accettata ti rende finta
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L'ansia di essere accettata ti rende finta

Specie in gioventù, capita di recitare un personaggio fasullo per essere accettati dagli altri e questo fa esplodere l'ansia: la soluzione è perdonarsi e andare oltre

Ci scrive Miriam, una ragazza di 24 anni, lettrice di Riza Psicosomatica: “Non riesco a relazionarmi benecon nessuno, ma in realtà sono io che non voglio perché non vedo mai le persone del tutto sincere e limpide come sono io. Sono sempre stata la più spontanea e ingenua tra i miei compagni quando ero al liceo, e questa cosa veniva vista come segno di stupidità: da allora piano piano ho iniziato a crederlo anche io, diventando sempre più rigida e razionale. Ora mi sento inutile e frustrata, come se fossi chiusa in una gabbia: quando incontro qualcuno vado subito in ansia perché penso solo a cosa dire per sembrare la persona forte e sicura che non sono.

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Nella mia mente si è insediata l’idea che l'impulsività mi renda ridicola, ma io ricordo che stavo bene quando lo ero, non me ne importava dei giudizi: ero me stessa e non avevo bisogno dell’approvazione di nessuno e non avevo ansia. Ma questo accadeva prima delle scuole superiori... Ora ho la sensazione che la mia schiettezza sia andata del tutto persa. Mi sento spenta ed è terribile: penso che nessuno al di fuori possa farmi ritrovare la mia spontaneità. Forse il mio vero problema non è relazionarmi con gli altri, ma ritrovare la mia gioia… poco importa di avere persone intorno se non sto bene con me stessa.”

Se reciti, puntuale arriva l'ansia 

In adolescenza niente è più importante dell’essere accettato dal gruppo dei pari: è fondamentale per qualunque giovanissimo essere approvato dai coetanei e si è disposti a tutto purché questo accada. Gli adolescenti sono quindi pronti a mascherare il proprio carattere, a "recitare" un modo di porsi, ed è ciò che è successo a Miriam. A suo dire, lei sarebbe stata sempre spontanea ma questa sua caratteristica non è mai stata accettata dai compagni di classe, anzi, l’ha fatta sentire stupida al punto che ha iniziato a crederlo lei stessa, obbligandosi a mascherarsi.

Questa difficoltà adolescenziale ha modificato profondamente il modo di vivere di Miriam al punto che oggi, a distanza di anni, pensa alla spontaneità come a un'isola felice ormai perduta. In realtà, il suo problema è più complesso: Miriam vive ancora oggi prigioniera di una visione idealistica della vita, nella quale tutti sono, o meglio dovrebbero essere sempre spontanei e sinceri. Naturalmente si tratta di un'utopia irrealizzabile (o meglio di una difesa contro gli aspetti meno belli del mondo, che pure esistono e coi quali occorre fare i conti), che la fa scivolare nel suo contrario, nel cinismo: si convince che nessuno sia mai del tutto sincero e limpido con lei e si convince di non aver bisogno degli altri, di poterne fare a meno. Il risultato è l'isolamento, l'ansia non può che aumentare...

Perdonarsi significa evolvere: così l'ansia tramonterà

Così, Miriam vorrebbe tornare a essere impulsiva come un tempo ma vive nell'ansia che questa caratteristica la faccia di nuovo soffrire: insomma, è vittima di un circolo vizioso. Come uscirne? Il primo passo che deve fare non è certo quello di tornare a essere quella di un tempo (l'adolescenza è finita, quell'impulsività non ha più ragion d'essere...) ma provare a perdonare sé stessa. Proprio così, perdonare quella ragazzina che aveva nascosto la propria spontaneità pur di omologarsi al gruppo, pur di essere accolta.

Quello che Miriam non si perdona è un comportamento molto comune a quell’età nella quale essere accettati è davvero fondamentale. Per questo, perdonarsi è l’unico modo per superare il blocco e l'ansia conseguente. Ricordando anche che la spontaneità di oggi non può essere quella di allora; l'ansia non compare certo per riproporle un comportamento passato, ma al contrario perché lei si liberi di quei fantasmi, di quelle zavorre e riesca di nuovo a vivere da protagonista la sua esistenza.

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