Mio figlio non sa perdere
Vita in famiglia

Mio figlio non sa perdere

Per alcuni bambini arrivare secondi è difficile; i genitori devono aiutarli ricordando che a volte voler primeggiare rivela l’esistenza di una marcia in più...

Non sono casi rari: esistono bambini che vivono una competitività particolarmente accesa, rifiutano di perdere, reagendo ad ogni sconfitta in modo sproporzionato. Si tratta anzitutto di un problema dei maschi, in particolare dei figli unici e dei primogeniti. Nella maggior parte dei casi è una fase passeggera che si risolve da sola, ma può essere molto difficile da gestire. Da cosa dipende? I fattori scatenanti sono essenzialmente di tre tipi: ad innescarla può essere lo stile educativo di mamma e papà, la sensibilità specifica del bambino e, più raramente, una particolare precocità o un'intelligenza superiore alla media.  A prescindere dai motivi, vediamo cosa fare per risolvere questo problema.

Come prevenire: pochi complimenti,  "w gli errori", amore a prescindere

- Non esagerare con le lodi in tenera età; il bambino non ne ha alcun bisogno ma li “registra” e questo può fargli sviluppare un'eccessiva considerazione di sé che lo porterà a considerare inaccettabile ogni sconfitta.

- Attribuire un valore positivo agli errori, alle cadute, alle sconfitte, non soltanto facendo capire fin da quando sono molto piccoli che mamma e papà amano a prescindere dai risultati, ma sottolineando che gli sbagli - di qualunque tipo - sono essenziali per migliorare ed evolvere in ogni ambito dell'esistenza.

Come intervenire: sfruttiamo lo sport e il gioco, nel modo giusto

- Esiste una convinzione diffusa secondo la quale gli sport di squadra sarebbero adatti ai bambini troppo competitivi, poiché insegnano lo spirito di gruppo e la cooperazione. In realtà, se un fanciullo è in una fase ipercompetitiva, è meglio privilegiare sport individuali come il nuoto. Vanno bene anche le discipline orientali tipo karatè, kung fu, tai chi.

- Non illudersi di sfruttare a suo vantaggio questa fase, spronandolo all'agonismo (“Visto che non sai perdere, perché non ti impegni per diventare un campione?”). Alla prima vera difficoltà mollerebbe tutto con un senso di frustrazione ancora maggiore.

- Le carte da gioco possono essere alleate preziose. Ogni errore può essere valutato in un’ottica di apprendimento di strategie migliori e costituire un ottimo training per migliorare, anche perché aver perso una mano non significa mai aver perso la partita

Cosa evitare: non perdiamo la calma, lasciamo perdere spiegazioni logiche e ironia

- Un bambino ipercompetitivo fa sceneggiate sgradevoli e la reazione "a caldo" è quella di reagire e punirlo severamente, specie se le fa in luoghi pubblici come i giardinetti. Non serve: è sempre preferibile spostarsi un attimo, lasciarlo nel suo brodo qualche minuto e intervenire con fermezza solo se degenera.

- Le spiegazioni lasciano il tempo che trovano; lui sa che il suo comportamento è sbagliato, solo che in quei momenti non riesce a controllarsi. Meglio quindi toccare corde emotive dicendo, per esempio, "so che ti fa male perdere e che ci soffri. Mi dispiace molto ma non si può evitare." Al posto di: “questo atteggiamento è sbagliato e stupido, l'importante è partecipare ai giochi, non vincerli per forza, non fare il bambino piccolo!"

- Si può essere tentati di prendere bonariamente in giro chi non sa perdere, per sdrammatizzare. Se fra gli adulti si fa comunemente, con i bambini in fase ipercompetitiva è meglio evitare: per loro è davvero in atto un piccolo dramma e il sarcasmo sarebbe del tutto controproducente.

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