Timidi con gli insegnanti: che fare?

Timidi con gli insegnanti: che fare?

Le ritrosie con i maestri possono servire ai bambini per “tenere le distanze” dal mondo degli adulti, che sentono vicino, ma non riescono a vivere alla pari

La mamma di Giulia è preoccupata; sua figlia, una bambina di dieci anni, diventa timidissima quando deve relazionarsi con gli adulti, soprattutto con i suoi insegnanti. A scuola va bene, anche se potrebbe avere voti migliori, se solo non arrossisse e non si bloccasse tutte le volte che viene interrogata o le rivolgono una domanda, anche semplice. La mamma della bambina è sorpresa perché con i suoi amici Giulia non è così, mostra un lato di sé completamente diverso: é aperta, spontanea, chiacchierona. Fin da piccola è sempre stata abituata a stare in mezzo agli altri: è cresciuta con il gruppo scout con cui andava via tutti i fine settimana e con cui faceva le vacanze da sola, d’estate. Inoltre, ha fatto sempre sport.  I suoi genitori temono che la sua timidezza possa esserle d’impaccio, quando, il prossimo anno, andrà alle medie. Lì entrerà in un mondo nuovo, si troverà di fronte a insegnanti diversi, che magari, non conoscendola, saranno meno sensibili e pazienti di fronte alle sue ritrosie.

 

Vorrebbe avere con i grandi un confronto “alla pari”

La bambina riesce a essere se stessa e perfettamente a suo agio con i suoi amichetti, mentre con gli adulti, in particolare con i suoi insegnanti, cambia completamente, è un’altra: si paralizza, preferisce il silenzio. La bambina, in realtà, non è per niente in difficoltà, anzi il contrario. Con il suo atteggiamento dimostra una grande profondità interiore e, attenzione, un’ambizione forte. Con i suoi rossori, con i suoi silenzi, con i suoi occhi bassi Giulia altro non fa che “prendere le distanze” da un desiderio che viene dal profondo, dalla sua parte più istintiva: misurarsi con gli adulti. Ecco allora che la timidezza diventa uno strumento utile che le serve da freno, che le evita di lanciarsi “senza paracadute” in un mondo che lei sente già molto vicino, ma che ancora non padroneggia bene. In ultima analisi, la timidezza la protegge risparmiandole una delusione. Giulia vorrebbe, avere con gli adulti un rapporto alla pari, vorrebbe parlare con loro in modo spontaneo, aderendo alla sua parte più autentica, ma sente di non essere ancora pronta, di dover ancora affinare gli strumenti. Grazie alla timidezza, quindi, sta zitta, resta nascosta nelle retrovie, in attesa di attrezzarsi nel modo giusto e finalmente di esporsi senza difficoltà.

La timidezza è una caratteristica, non un difetto

Essere timidi nella società di oggi, carica di aspettative, non è per niente facile; spesso si tende ad attribuire a rossori e chiusura un valore negativo. Al contrario la timidezza è sovente un segnale di intelligenza e di sensibilità. Un atteggiamento di ripiegamento in se stessi necessario e preparatorio alla nascita di nuove idee, di un nuovo modo di essere. Proprio come il bruco che si chiude nel bozzolo, per diventare farfalla, e spiccare il volo.

 

Lei non è introversa, lo dimostra il fatto che con i suoi coetanei è estroversa, loquace. Giulia usa la barriera che le regala la timidezza per temperare un’ambizione molto marcata in lei, per tenersi lontana da un confronto prematuro con gli adulti che sente impari e dal quale potrebbe uscire frustrata, perché non ancora pronta.

Proviamo quindi a... osservare il suo atteggiamento in questa nuova cornice. Ci sentiremo rassicurati e ci collocheremo nella posizione migliore nei confronti di nostro figlio, traendo quella tranquillità necessaria per saper aspettare.

Diamole tempo per aprirsi

Innanzitutto non forziamola ad aprirsi. Sarà lei al momento opportuno, a mostrare a tutti la sua perla, proprio come fa l’ostrica, che si apre da sola, senza condizionamenti esterni, semplicemente aspettando che i tempi siano maturi. Sarà lei e soltanto lei a trovare il giusto equilibrio per interloquire, a un certo livello, con i “grandi”. Qualsiasi intervento dall’esterno va evitato perché rischia di essere dannoso e finirebbe per inibirla.

Interveniamo solo se si isola anche dagli amici

La chiusura si prolunga per molto tempo e rischia di compromettere le sue relazioni con l’esterno, conducendolo alla solitudine.

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