Ci sono bimbi che non hanno un rapporto sereno con l’acqua e piangono quando devono entrarci in contatto; ecco come aiutarli a non averne più paura
L’acqua è l’elemento chiave della vita intrauterina dei bambini, ovvero i nove mesi della gravidanza. In questa prima fase il feto vive “galleggiando” nel liquido amniotico, composto, appunto, principalmente da acqua, alla temperatura di circa 37,5° C. Per un neonato un ambiente liquido dovrebbe quindi risultare molto più familiare di uno asciutto e in effetti è proprio così: i bimbi piccolissimi hanno un’ottima confidenza con questo elemento e conservano per qualche settimana l’istinto da “nuotatori” sviluppato nella pancia della mamma. Eppure, passato qualche mese, ci sono bambini che provano e manifestano paura e avversione nei confronti dell’acqua. Perché avviene? Come e quando intervenire?
Ci vogliono calma e pazienza
L’istinto esplorativo nei confronti del mondo è più spiccato in alcuni bambini e meno in altri e di conseguenza la propensione e la curiosità nei confronti dell’ambiente cambia. Attenzione: i bambini più disinvolti non sono migliori degli altri, sono solo più rapidi. Capita spesso che un bimbo inizialmente timoroso sviluppi poi un’ottima acquaticità.
Quasi sempre è solo una questione di tempo
Questo specifico timore inizia a manifestarsi solo dopo il primo anno di vita, si fa più frequente con la crescita (attorno ai 6/7 anni la sua diffusione è massima) per poi essere superato, fino a scomparire, in genere, con il sopraggiungere dell’adolescenza.
Un passo dopo l’altro, senza forzature
In spiaggia, tutti i bambini entrano ed escono dal mare allegramente e si divertono. Nostro figlio no: è agitato, trema, si rifiuta categoricamente di metterci piede. Più lo spingiamo a provarci, più scappa o corre via spaventato. Attenzione: esistono strategie dolci per aiutarlo ad andare oltre questo piccolo blocco. Eccole.
Un dolce inganno
Fingiamo che non ci interessi che entri tra le onde e lasciamo che sia lui a prendere l’iniziativa, quando si sentirà pronto. Questo atteggiamento lo alleggerirà dal peso di doversi dimostrare all’altezza delle aspettative e sarà il miglior modo per farlo avvicinare con la giusta dose di fiducia alle onde del mare o a quelle più rassicuranti di una piscina.
Un passo dopo l’altro
Se il bambino è molto spaventato, non deve assolutamente essere forzato. Meglio proporgli un avvicinamento a piccole tappe: all’inizio ci si può limitare a sedersi sul bagnasciuga o sul bordo della piscina, distraendolo con dei giochi o raccontandogli una storia... La cosa fondamentale è che si senta a suo agio e non importa quanto tempo ci metterà ad entrare: non è certo una gara!
Prima bagnare le mani, poi il corpo
Abituare il bimbo a sentire l’acqua sulle mani (una zona del corpo molto innervata e molto sensibile) può aiutare, così come costruirgli sulla spiaggia una piscinetta, è sufficiente anche una buca, dove può bagnarsi completamente, sentendosi al sicuro. Poi, portiamolo sul bagnasciuga e facciamogli toccare l’acqua nel punto in cui questa scende verso il mare e l’aspetto “minaccioso” delle onde viene meno. Invitatelo a mettere dentro le mani. E se se la sente, facciamolo sedere a giocare con i flutti, sedendoci vicino a lui per provare, poi, a rotolare lentamente verso il mare.
Niente confronti con gli altri e niente scherzi
“Guarda il tuo amichetto come si diverte in acqua, fai come lui!”: la tentazione è forte ma rivolgersi così al bimbo è controproducente perché rischia di farlo sentire inadeguato. Facciamo il contrario e rispettiamo scrupolosamente i suoi tempi: prima o poi tutti ci provano. Allo stesso modo, vanno banditi con fermezza gli scherzi e gli schizzi, soprattutto da parte degli altri bimbi: per quanto innocenti, in un momento così delicato, lo innervosirebbero.